Tempo di studio, tempo di lavoro

Una delle motivazioni dell’ignobile riforma Fornero era fondata sull’allungamento dell’aspettativa di vita, come se questa non fosse correlata a fattori che riguardano lo sviluppo tecnologico e scientifico, cioè la...

Una delle motivazioni dell’ignobile riforma Fornero era fondata sull’allungamento dell’aspettativa di vita, come se questa non fosse correlata a fattori che riguardano lo sviluppo tecnologico e scientifico, cioè la conoscenza, che è anche alla base dell’enorme aumento della produttività del lavoro. Di questa però non si giovano i lavoratori, al palo nell’orario giornaliero da circa un secolo e che vedono allontanarsi sempre più l’accesso alla pensione, con l’allungamento del tempo di lavoro durante la vita. Lo slogan “lavorare meno lavorare tutti” non ha mai avuto, come oggi, senso e facilità di attuazione nella società attuale, dove si potrebbe realizzare se il capitalismo neoliberista non avesse necessità di comando sul lavoro e un uso del profitto e della rendita tali da entrare in contraddizione proprio con il suo livello di sviluppo.
Se così non fosse non si spiegherebbe l’altra grande contraddizione, forse ancora più significativa, la tendenza cioè a ridurre il tempo dedicato allo studio e alla conoscenza. Si tratta di un andamento stridente con una società sempre più complessa, bisognosa di quel sapere “disinteressato” che rende possibile la flessibilità intellettuale, l’apprendimento autonomo e costante per sapersi muovere nelle infinite articolazioni della realtà.
Ecco quindi che la lungimirante ministra Fedeli avvia una sperimentazione su cento scuole superiori, licei e tecnici, per ridurne la durata da cinque a quattro anni, anticipando, sostiene, “l’accesso” al mercato del lavoro, duramente compromesso per i giovani anche dalla riforma Fornero, che trattiene gli anziani su posti che potrebbero essere occupati dai giovani.
Di fronte a tanta incongruenza viene da chiedersi quale sia la ragione di tutto questo, difficile da spiegare se non si ricorre alle contraddizioni di un sistema che ha bisogno di controllo ideologico, di crescenti profitti, ma anche di innovazione (“rivoluzionare se stesso” dice Marx).
La sperimentazione coinvolgerà per più di un quarto scuole paritarie, distribuite in modo disomogeneo sul territorio nazionale, infatti nel Lazio 7 su 13 sono paritarie, in Lombardia 9 su 20, in Veneto 3 su 6, in Sardegna una sola scuola paritaria effettuerà la sperimentazione. Difficoltà a reperire istituti pubblici disponibili?
Le organizzazioni sindacali si preoccupano giustamente dell’ulteriore perdita di posti di lavoro nella scuola, ma l’aspetto più grave della riduzione di un anno alle superiori riguarda l’ulteriore pesante attacco al percorso d’apprendimento già oggi insufficiente, rispetto alla necessità di tempi distesi per una formazione adeguata alle complessità del mondo in cui viviamo.
Bisognerà vedere quante ragazze e quanti ragazzi cadranno nella trappola della sperimentazione e si iscriveranno a quei corsi, e da parte nostra magari fare in modo che ne abbiano chiaro il senso.

LOREDANA FRALEONE

da rifondazione.it

foto tratta da Pixabay

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