Soumayla. Un amico: «Ho visto chi ha sparato, ora ho paura»

Parla l'amico di Soumayla, scampato alla morte. La testimonianza: ho visto un uomo di carnagione chiara, basso, con una maglia nera e pantaloni grigi. Adesso sono in pericolo, i carabinieri mi consigliano di non uscire dal campo

Alle 14 Drame Madiheri scende dal palazzo del Municipio dopo aver partecipato con una rappresentanza di migranti del campo a un incontro con il questore di Reggio e il sindaco di San Ferdinando. Con lui, Giuseppe Tiano, del movimento antirazzista e sindacalista Usb, e Nino Quaranta della cooperativa Mani e Terre. Drame è uno dei due sopravvissuti all’agguato di San Calogero.

Può raccontarci cosa è successo sabato pomeriggio in quella fabbrica?
Siamo partiti verso le 3. Avevo chiesto a Soumayla di venire con noi. Lui era uno che voleva sempre aiutare e conosceva bene le lamiere perché faceva l’operaio in Mali. In Calabria lavorava duramente nei campi, poi collaborava con lo sportello che il sindacato (l’Usb, ndr) ha aperto nella tendopoli da molto tempo. Anche ieri era venuto con noi solo per questo, per darci una mano. Non aveva bisogno di costruirsi una baracca, aveva un posto in cui dormire. Per recuperare queste lamiere avevamo scelto la vecchia fornace di San Calogero, ex fabbrica di mattoni abbandonata. Sapevamo che quella fabbrica non aveva padroni, non volevamo rubare nulla a nessuno. Per questo siamo andati lì. E queste lamiere ci servivano proprio a migliorare la tenuta termica dei nostri rifugi. Dal campo c’è quasi un’ora di cammino. Siamo arrivati lì attorno alle 4 e ci siamo messi a lavorare. Verso le 6 abbiamo visto arrivare una Alfetta. Dall’auto è sceso l’uomo che ha iniziato a sparare. I primi colpi hanno cercato di raggiungere me e Soumayla sul tetto, ma siamo scesi frettolosamente al piano terra. Il cecchino però ha continuato a mirare. E un proiettile ha colpito Soumalya alla testa. Sono strisciato via per sfuggire ai colpi e sono riuscito ad uscire dal retro. Ho visto un uomo di carnagione chiara, basso, con una maglia nera e pantaloni grigi. Una faccia conosciuta, già vista.

Cosa avete chiesto al sindaco e al questore?
Soumayla era un amico e un padre di famiglia. Vogliamo che il criminale che lo ha ucciso sia assicurato subito alla giustizia e che la salma sia riportata al più presto in Mali. E soprattutto pretendiamo che venga ricordato come un uomo generoso che lottava per gli altri, era un sindacalista e merita rispetto per questo. Non era un ladro e noi non siamo ladri ma lavoratori, costretti a vivere in gabbia, ghettizzati come animali. Io solo per fortuna non ho fatto la stessa fine. Chiediamo permessi umanitari per chi è in attesa del rinnovo e una casa dignitosa.

Da quanto tempo vive a San Ferdinando?
Sono arrivato nel 2016, lavoro tutti i giorni per 20 euro al giorno ma non penso di restarvi a lungo. Ho paura di fare la stessa fine di Soumayla. Anche gli stessi carabinieri mi hanno consigliato di non uscire dal campo se non avvertendoli. Chi ha ucciso il mio amico potrebbe voler eliminare il testimone.

Crede che sia stato un atto razzista?
Penso proprio di sì. Se fossimo stati tre bianchi a rovistare nelle lamiere non ci avrebbero preso a fucilate.

SILVIO MESSINETTI

da il manifesto.it

foto tratta da Pixabay

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Migranti

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