Siete pronti per un autunno di pregiudizi e di paura?

Un sito Internet vicino a Daesh avrebbe indicato nell’Italia il prossimo obiettivo terroristico. Diciamo che non vi sarebbe molto da meravigliarsene, visto che fino ad ora il nostro Paese...

Un sito Internet vicino a Daesh avrebbe indicato nell’Italia il prossimo obiettivo terroristico. Diciamo che non vi sarebbe molto da meravigliarsene, visto che fino ad ora il nostro Paese è stato risparmiato dalla furia dei kamikaze, dai tagliagole che per strada si manifestano altrettanto all’improvviso, come è accaduto ad Helsinki pochi giorni or sono.
Il tasso di imprevedibilità di questo metodo di applicazione del terrore diffuso include la concreta possibilità che in qualche città italiana la follia omicida possa trovare la sua ferale applicazione.
Le misure di sicurezza, dunque, saranno ancora una volta al centro del dibattito politico e si cercherà di estenderle a quante più manifestazioni e luoghi pubblici possibili.
Grandi studiosi dei fenomeni del terrore, ed in particolare di quelli alimentatisi negli ultimi decenni nel calderone mediorientale, avranno già svolto le loro relazioni sui tavoli governativi esponendo tattiche e strategie da mettere in essere per prevenire ogni possibile attacco.
Il fatto è che davanti alla strategia dell'”assoluta imprevedibilità” c’è ben poco da fare per avere, di contro, una “assoluta prevedibilità”. Non voglio buttarla sul filosofico, su dei sofismi da quattro soldi, ma ciò che è per definizione “imprevedibile” come può essere “previsto”?
Forse un attento lavoro dei servizi segreti e delle nostre forze dell’ordine può contribuire a smascherare quelle che vengono definite “cellule”, quindi gruppi clandestini di affiliati al califfato nero che preparano gli attentati. Ma se un “lupo solitario” decide di farsi esplodere in una piazza centrale di Milano o Roma, di Napoli o Torino, di Venezia o Bologna, come è possibile fermarlo?
Se, addirittura, un giovane magari nemmeno ancora ventenne decide, da solo, ispirato da un fanatismo politico-religioso, di diventare un “soldato del califfato”, come si può prevenirne l’atto criminale che sta per mettere in pratica?
E’ evidente che la prevenzione arriva fino ad un certo punto: arriva fin laddove può giungere la conoscenza degli elementi pericolosi da parte di quell’apparato che viene chiamato di “intelligence”. Oltre non ha possibilità alcuna di indagine, di scoperta, di smascheramento del terrore in potenza.
Perciò viviamo in un tempo in cui tutti siamo obiettivi e al contempo nessuno. Non possiamo fermare l’andare del tempo, il proseguire delle nostre vite, la quotidianità consueta, proprio quella che spesso è oggetto di lamentela personale per la routine che ci sottopone stancamente.
Ma tutto ciò può aiutarci a capire come la paura sia necessaria ma non debba diventare il terreno su cui far crescere legislazioni speciali, inasprimenti di trattamento per chi non è italiano, per il semplice, banale motivo che ci dice come ogni azione terroristica abbia trovato sviluppo non nella disperazione delle migrazioni ma nell’insofferenza di coloro che chiamiamo “stranieri” di seconda o terza generazione.
Allora, il perfetto ministro di ferro o altri burocrati di Stato dovrebbero dare la caccia al terrore in questi contesti sociali? Nemmeno, perché non esiste neppure qui un diretto collegamento tra radicalismo islamista e credo islamico: esistono molti “stranieri” che sono laici… Il colore della pelle, la crescita della barba o un semplicissimo abito differente dalle nostre mode occidentali non fanno di una persona un kamikaze.
Ma gli occhi del sospetto e del cattivo dubbio sono tutti in agguati: li vedi per strada. La diffidenza è la vera “legge dei sospetti”. La paura ottenebra la ragione e ne fa una serva dedita al raccoglimento di indizi probatori per poter urlare alla scoperta del potenziale assassino.
La paura è un forte ricostituente di pregiudizi e un inibitore di normali percezioni dei rapporti sociali più elementari.
La minaccia di un sito Internet basta ed avanza a creare questo clima di sospetto permanente. Ad accrescerlo.
L’appello a non cambiare lo stile di vita quotidiano è presto sepolto, superato da istinti primordiali, di difesa a qualunque costo delle nostre vite, del territorio in cui abitiamo che diventa esclusivo patrimonio degli autoctoni. Altro che “ius soli”… Siete pronti per un fine 2017 di pregiudizio, terrore e paura? Le destre non possono non chiedere di meglio…

MARCO SFERINI

20 agosto 2017

foto tratta da Pixabay

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