Salvini perde su tutta la linea e attacca il Quirinale e i pm

Scontro istituzionale. Mattarella chiama Conte: via libera allo sbarco della Diciotti. E nessuno scende in manette. Il ministro va su tutte le furie e il Viminale fa filtrare «stupore» e per l'intervento del Colle e «rammarico» per le decisioni della procura

L’odissea della Diciotti si trasforma in scontro istituzionale a tutto campo. E’ già calato il sole quando palazzo Chigi informa che, dopo oltre36 ore di attese e rinvii, lo sbarco dei migranti trattenuti sulla nave «sta per iniziare». Le indagini della procura, prosegue la nota, continueranno nei prossimi giorni. Significa che i magistrati di Trapani hanno deciso di non emanare provvedimenti restrittivi immediati. I due sospetti di violenze a bordo della Von Thalassa, un ghanese e un sudanese, non sbarcheranno in manette, e per quanto assurdo sembri e sia, solo su questo particolare era stato ingaggiato il braccio di ferro tra i partiti della maggioranza, sulla pelle di profughi e rifugiati.

A sbloccare la situazione è stata una telefonata del Quirinale al premier Giuseppe Conte, particolare che scatena le ire di Matteo Salvini, tanto da provocare un inaudito attacco del Viminale contro il Colle. Subito dopo Conte si era attaccato al telefono chiamando i due ministri maggiormente coinvolti: il responsabile dei Trasporti, il 5 Stelle Danilo Toninelli, da cui dipendono la gestione dei porti e la guardia costiera, e lo stesso Salvini, che non avrebbe dovuto avere alcuna voce in capitolo ma che si era invece arrogato il diritto di invadere non solo lo spazio di competenza dei ministeri dei Trasporti e della Difesa ma anche, alla faccia della divisione dei poteri, quello proprio della magistratura. La decisione di far scendere in manette i due sospetti – come pretendeva Salvini – infatti, non riguardava in alcuna misura il governo ma era competenza solo della procura di Trapani.
Conte, pungolato da Mattarella, ordina di sbloccare la situazione. Salvini si piega ma subito dopo fa filtrare lo «stupore» del Viminale per la telefonata del presidente della repubblica al presidente del consiglio, come se si trattasse di una intromissione indebita, e il «rammarico» per la decisione della procura di evitare provvedimenti restrittivi.

E’ la logica prosecuzione della linea assunta dal ministero nel primo pomeriggio, quando aveva di fatto impedito lo sbarco. «Non voglio farmi prendere in giro. Se non c’è chiarezza su quel che è successo sulla Von Thalassa non autorizzo nessuno a scendere dalla Diciotti. Se qualcuno lo fa al mio posto se ne assumerà la responsabilità», aveva tuonato Salvini. Responsabilità di fronte a chi il ministro leghista non specifica. Non ce n’è bisogno. Intende di fronte a un’opinione pubblica drogata dalla propaganda alla quale sin qui il Movimento 5 Stelle non ha saputo sottrarsi e che ora potrebbe penalizzare chi, nel rispetto delle competenze specifiche dei ministeri e della divisione dei poteri, ha insistito per lo sbarco senza manette.

Sullo sfondo, lo scontro tra i due partiti di maggioranza, mai così frontale, ma anche il palese nervosismo di Salvini, che aveva bisogno di qualcuno da mettere sotto accusa per non perdere la faccia. La campagna contro i migranti rischia ora di ritorcerglisi contro. In Europa non ha ottenuto niente. In Italia la linea dura sbatte contro un M5S per la prima volta consapevole di dover frenare la sua invadenza. Non è più solo il confronto con Danilo Toninelli o quello, ancora più duro, con la ministra della Difesa Elisabetta Trenta, che ha assunto ufficialmente una posizione opposta a quella della Lega. La vera nota dolente è che per la prima volta si è schierato apertamente contro anche il collega vicepremier Luigi Di Maio, sin qui garante dell’accordo a tutti i costi con il Carroccio.

Salvini vede così profilarsi uno spettro: quello di apparire debole agli occhi della sua base più incarognita e allo stesso tempo troppo spietato anche per una parte sostanziosa dell’elettorato a cinque stelle e persino forzista. Ieri Roberto Saviano ha attaccato di nuovo con un tweet: «Nessun ammutinamento. Una montatura, oro che cola che per il ministrro della Mala Vita che si sarà forse chiesto quanto poteva salire nei sondaggi se, invece dei suoi selfie, avesse postato foto di migranti in manette».
Ma persino il forzista Renato Schifani denuncia la «campagna elettorale permanente» e, da sinistra, la capogruppo di Leu al senato, Loredana De Petris, denuncia l’«attentato agli equilibri democratici».

Persa la partita per ottenere quell’inquadratura con i migranti in manette, ora Matteo Salvini può solo rilanciare anche a rischio di trasformare l’incidente della Diciotti in una crisi istituzionale.

ANDREA COLOMBO

da il manifesto.it

foto tratta da Pixabay

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Politica e società

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