Roma, la spy story delle ramazze

Campagna elettorale. Domenica squadre renziane in maglietta gialla puliscono le piazze della Capitale, senza dire quali per paura di non trovare spazzatura. I grillini minacciano di infiltrare i militanti Pd. Ma l’Ama è già passata e la città è meno sporca

Sta assumendo caratteri paradossali, per non dire peggio, la guerra a colpi di ramazza e spugnette ingaggiata a Roma dal Pd contro l’amministrazione a 5 Stelle. Nei giorni scorsi Matteo Renzi in persona aveva annunciato l’iniziativa di stamattina: i militanti Pd in maglietta gialla si presenteranno a ripulire la città colpita dall’emergenza rifiuti, un modo per sostenere l’incapacità della giunta Raggi. Da quel momento, dalla giunta è partita una corsa contro il tempo per ripulire tutto prima che arrivino le truppe di spazzini renziani. Fino all’assurdo delle ultime ore. Pare infatti che dal Pd romano non vogliano dare appuntamenti pubblici e annunciare i luoghi che andranno a ripulire, per evitare che questi vengano prima messi a lucido dai grillini.

La corsa a rimpiattino tra sostenitori del decoro era stata preparata nei giorni scorsi da battibecchi nei social, con parlamentari del M5S che hanno diffuso messaggi di allarme circa la possibilità che alcuni rivali targati Pd potessero imbrattare la città con lo scopo poi di farsi belli per averla pulita. «Tenete un occhio aperto, anzi due e segnalate con foto e video pirata » ha scritto ad esempio su Facebook il deputato M5S Massimo Baroni, facendo riferimento al fatto che «sarebbe partito l’ordine di sporcare Roma in certi punti dove c’è molta visibilità perché stanno già reclutando persone per andare a pulire». Non solo. Il consigliere regionale M5S Barillari ha fatto sapere che i grillini avevano reclutato dieci finti attivisti in maglietta gialla da infiltrare nelle squadre Pd… poi ha spiegato che voleva «buttarla sul ridere».

La città pare più pulita, per raggiungere l’obiettivo sono stati mobilitati 4mila operatori e quasi 2 mila mezzi. Ma i problemi legati all’immondizia restano, per cause che vanno ben oltre la giovane esperienza della giunta grillina.
Raggi e l’assessora Montanari sono accusate di pensare più agli obiettivi a medio-lungo termine che alle emergenze strette. La maggioranza promette che entro cinque anni si raggiungerà il 70% di differenziata porta a porta. Ieri dal blog Grillo è ripartito all’attacco. «Per risolvere il problema dei rifiuti dobbiamo risolvere il problema della politica che sui rifiuti ci ha vissuto per cinquant’anni – ha tuonato. Discariche e inceneritori sono la manna della politica di oggi, e noi abbiamo interrotto questo corto circuito. La produzione dei rifiuti va ridotta, e lo faremo. Ma esistono già delle tecnologie che possono aiutarci». Il modello di riferimento secondo il leader pentastellato è quello di Barcellona. Dove, scrive ancora Grillo, «c’è uno dei più grandi separatori di immondizia, non brucia niente, separa le materie prime dalle secondarie e poi vende alluminio, carta, vetro, plastica. L’immondizia diventa un risorsa. E questa potrebbe essere un’ipotesi. Ne mettiamo uno a Roma Nord e uno a Roma Sud. Fanno circa 2 mila tonnellate a testa e risolviamo finalmente il problema dei rifiuti di Roma». Proprio sul modello catalano risponde Mauro Buschini, assessore ad ambiente e rifiuti della Regione Lazio: «Di separatori di immondizia Roma ne ha quattro, mentre Barcellona ha due mega-inceneritori e una grande discarica. Se il modello è quello, Grillo dica, almeno, dove mettere la discarica: anche alla catalana, a noi va bene». Dagli uffici di Roma Capitale in effetti nei giorni scorsi sono arrivate le indicazioni sui siti da destinare a discariche: si troverebbero tutti al di fuori del confine fisico e simbolico del Raccordo anulare, cosa che ha prodotto le proteste dei sindaci dei comuni della cintura, che già contribuiscono allo smaltimento dei rifiuti romani e adesso accusano la capitale di esportare l’inquinamento. La questione è complicata anche perché i diversi consiglieri grillini promettono che gli impianti non sorgeranno nei loro territori di riferimento. Nei giorni scorsi, ad esempio, il capogruppo Paolo Ferrara ha garantito che nessuna struttura verrà piazzata dalle parti di Ostia, il suo bacino elettorale.

GIULIANO SANTORO

da il manifesto.it

foto tratta da Pixabay

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Politica e società

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