Ritorno all’inferno

I migranti fuggono dalla Libia e ora li riportiamo in Libia? Nei “porti sicuri” che non esistono laddove vi sono guerra e due governi che si fronteggiano insieme a...

I migranti fuggono dalla Libia e ora li riportiamo in Libia? Nei “porti sicuri” che non esistono laddove vi sono guerra e due governi che si fronteggiano insieme a bande e jihadisti dell’Isis sparsi per lo “scatolone di sabbia” di giolittiana memoria?

Che avreste detto se, dopo aver salvato mille ebrei dai campi di sterminio, Perlasca o Schindler li avessero riportati nei “porti sicuri” del Terzo Reich o del Protettorato di Boemia e Moravia?

Fatti i dovuti distinguo, le analogie sono spaventosamente attuali. E il dramma è proprio questo: una grande inumanità al potere (che di per sé è sempre molto poco avvezzo ad essere umano) e tutto intorno un esplicito consenso o un tacito menefreghismo.

La desolazione dei diritti ingoiata dal riconoscimento esclusivo dei doveri.

Ma la rassegnazione non può essere un atteggiamento politico, morale, sociale e civile da adottare: vorrebbe dire entrare a far parte di una delle due dannate categorie di cui sopra. Chi si spella le mani ad applaudire il ministro dell’Interno e chi fa spallucce.

E’ un brutto “grande mondo e terribile”, ma tocca pur viverlo: resistendo e rimanendo #ostinatamenteumani

(m.s.)

foto tratta da Pixabay

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Lo stiletto

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