Quel filo rosso che traversa le relazioni di potere

Un saggio di Mitchell Dean e Daniel Zamora interroga Foucault «dopo il ’68»

La recente pubblicazione dei corsi tenuti da Michel Foucault presso il Collège de France, specialmente di quelli successivi al 1976, ha permesso di ricucire lo iato lungo otto anni tra la pubblicazione di Sorvegliare e punire e La volontà di sapere e la pubblicazione dei volumi due e tre della Storia della sessualità. Il dibattito intorno al percorso intellettuale foucaultiano si è concentrato in particolare intorno a due questioni. La prima è quella, già aperta con gli ultimi volumi della Storia della sessualità, relativa al presunto recupero di una figura la cui critica può essere considerata il movente dell’intera filosofia di Foucault: quella del soggetto, a ben vedere sostituita, permanendo sul crinale della critica contro il soggetto cartesiano, con la categoria della soggettivazione, di un’attività di costituzione e di cura di sé libere dall’obbedienza all’autorità di istituzioni e regole.

La seconda questione sorge in prossimità della categoria della governamentalità, mediante cui Foucault, a partire dalla metà degli anni Settanta, ricalibra la propria ricerca sulle relazioni di potere e sulle razionalità che le sostengono, fino a giungere a interessarsi, con sorprendente anticipo, al neoliberalismo. In questo ambito, Foucault ha offerto una costellazione categoriale che permette di avvicinare la dimensione politica contemporanea nella sua più complessa concretezza, individuando nelle rinnovate relazioni di potere un superamento della delega a priori che apre la «politica sovranitaria» tradizionale, in favore di un maggiore pluralismo, ma adombrando anche il rischio che le istanze critiche nei confronti del potere così rese osservabili e percorribili siano colonizzate da una razionalità imprenditoriale che disgrega il corpo sociale in mere relazioni competitive.

All’incrocio fra queste due linee di dibattito si collocano Mitchell Dean e Daniel Zamora, due autori impegnati da tempo nello studio della ambigua relazione di Foucault con il neoliberalismo, e ora in libreria con Le dernier homme et la fin de la révolution. Foucault après Mai 68 (Lux editeur). Il compito assunto dagli autori consiste nel fornire il quadro storico delle vicende culturali e politiche che circondavano Foucault durante la sua elaborazione del concetto di governamentalità (post-68), nel porre la questione del presunto favore del filosofo nei confronti nelle politiche neoliberali in Francia (amministrazione Giscard) e all’estero, e nell’avanzare il problema della miopia che gli avrebbe impedito di immaginare, al di là delle possibilità che lo scenario neoliberale apriva all’individuo capace di inventare se stesso, le disuguaglianze e l’isolamento nel quale si sarebbero invece ritrovati gli individui più vulnerabili.

Il volume sviluppa una riflessione che, attraversando il campo politico di incubazione delle riflessioni foucaultiane, lega con un filo rosso l’urgenza di ripensare le relazioni di potere e, entro esse, una possibile azione di emancipazione per un soggetto a sua volta ridefinito grazie allo studio dell’etica antica e alla possibilità di riprenderne l’esempio nel contesto meno normativo del neoliberalismo. I due autori arricchiscono il dibattito proponendo di considerare la presunta simpatia foucaultiana per il neoliberalismo come quella tributata a un momento di autocritica del potere, che rende possibile da un lato una politica finalmente libera dalla maniacale conquista dello Stato e delle istituzioni, e dall’altro una autoproduzione di sé per il soggetto, che – questo il dubbio consegnatoci – oggi rischierebbe tuttavia di essere osservato solo e inesorabilmente come un individuo imprenditore di sé.

CARLO CROSATO

da il manifesto.it

foto tratta da Pixabay

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