Pasolini, ovvero del comunismo libertario

Nel 40esimo anniversario della scomparsa di Pier Paolo Pasolini ho letto una serie di affermazioni e di analisi sul suo ruolo di regista, politico, poeta e artista, quindi di...

Nel 40esimo anniversario della scomparsa di Pier Paolo Pasolini ho letto una serie di affermazioni e di analisi sul suo ruolo di regista, politico, poeta e artista, quindi di uomo in senso generale, che per il sincretismo che si trascinano dietro sono un’esaltazione del peggiore pregiudizio che possa esistere.
Secondo alcuni commentatori, Pasolini sarebbe addirittura tacciabile di “antimarxismo” perché avrebbe guardato eccessivamente al sottoproletariato delle periferie urbane piuttosto che agli operai delle fabbriche.
Sempre secondo questi commentatori, Pasolini avrebbe in qualche modo tradito le ragioni sociali che hanno ispirato molte sue opere, dal cinema agli scritti poetici, per aver inseguito il mito di una sacralità che l’avrebbe portato ad essere identificabile con la “moderna” categoria del “cattocomunismo”.
Molto semplicemente mi sembra che si possa dire che Pasolini nella sua complessità di uomo, di uomo-politico e di uomo di cultura è riconducibile ad una semplicità quasi disarmante: i messaggi che ci arrivano da lui sono analisi radicali, veramente messe alla radice di situazioni e di aspetti di vita che ha indagato benissimo anche in film realizzati come documentari.
Celebre quello in cui, interrogando anche Moravia, gira per l’Italia ad intervistare imbarazzati studenti universitari, molto più espliciti e disinvolti contadini della bassa padana e ragazzini siciliani sul tema della moralità sessuale, del sesso come espressione dell’amore umano.
Le provocazioni pasoliniane non sono mai fine a loro stesse: hanno sempre un punto di inizio e uno di fine. Nel mezzo c’è la cruda verità di una umanità mortificata dal seducente alibi della conservazione di un benessere o della creazione del medesimo per opera di egoismi tutti borghesi.
Anche in quel proletariato e in quel sottoproletariato che dava calci al pallone negli squallidi campetti di periferia o nelle borgate romane, oppure nelle città del sud del primo dopoguerra.
Ridurre Pasolini ad un marxista eretico è fuorviante perché è stato eretico nell’essere marxista e comunista, ma è stato un comunista che ha compreso lo slancio libertario del movimento di liberazione dell’uomo dalla schiavitù dell’uomo stesso.

MARCO SFERINI

redazionale

foto tratta da Wikipedia

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