Non Una di Meno ai sindacati: «Convocate lo sciopero generale il 9 marzo»

Il movimento femminista e transfemminista organizza due giorni di lotta a partire dall'otto marzo, giornata per i diritti delle donne, e chiede ai sindacati di unirsi a «uno sciopero femminista dal lavoro produttivo e riproduttivo, da quello normato e da quello informale, da quello dipendente, autonomo, precario, sottopagato o non pagato per niente»

Il movimento femminista e transfemminista “Non Una di Meno” ha inviato ieri una lettera aperta a tutti i sindacati italiani in cui chiede di aderire allo sciopero generale del prossimo lunedì nove marzo garantendo la copertura sindacale alle lavoratrici e ai lavoratori che vorranno astenersi dal lavoro. Sarà «uno sciopero femminista dal lavoro produttivo e riproduttivo, da quello normato e da quello informale, da quello dipendente, autonomo, precario, sottopagato o non pagato per niente».

Per l’intera giornata e in tutti i comparti del settore pubblico e privato, il movimento chiede di sostenere lo sciopero inviando la convocazione su tutti i posti di lavoro e riportando le motivazioni. Chiede di organizzare le assemblee per informare sulle rivendicazioni e favorire l’incontro tra i lavoratori e i nodi territoriali di Non Una di Meno «nel rispetto dell’autonomia del movimento femminista».

Giornata ugualmente importante sarà l’otto marzo. La giornata internazionale dei diritti della donna quest’anno arriva di domenica. Non Una di Meno sarà nelle piazze e nei centri commerciali in cui si lavora 24 ore e 7 giorni su 7. Giunto al quarto anno di sciopero femminista «è ancora più urgente denunciare la condizione di discriminazione strutturale che riguarda le donne, le soggettività non conformi alla norma eteropatriarcale, le donne migranti e le figure precarie e non pienamente garantite che vivono e lavorano nel nostro paese».

Lo sciopero rivendica sia la parità salariale che un salario degno, «un salario minimo almeno a livello europeo e un reddito che sia di autodeterminazione, e non strumento di ricatto e nuova schiavitù, perché senza autonomia economica non si esce dalla violenza e non c’è libertà».

Oggi, in Italia, Non Una di Meno è l’unica forza politica organizzata ad avere sviluppato una critica degli aspetti razzisti, workfaristi, iniqui del cosiddetto «reddito di cittadinanza». Il «reddito di autodeterminazione» è l’affermazione di un reddito di base incondizionato. «Vogliamo congedi di maternità, paternità e parentali retribuiti al 100%, di uguale durata per entrambi i genitori – aggiunge il movimento – Un welfare inclusivo e universale senza discriminazioni in base allo status, al genere, al reddito o alla morale dominante».

Dalla lettera emerge inoltre una visione ampia delle alleanze e dei nessi politici con i movimenti antirazzisti e quelli dell’ecologia: «Vogliamo l’abrogazione dei decreti sicurezza, l’abolizione dei Cpr» e una politica «della redistribuzione della ricchezza e della giustizia ambientale».

ROBERTO CICCARELLI

da il manifesto.it

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