L’Europa di Enzo Biagi

Oggi mi consolo un poco, egoisticamente: ho riletto alcune pagine de “L’Europa di Enzo Biagi” e vi ho trovato scritto nell’incipit l’elisir di giornata per sopravvivere ai sovranismi: “Gli...

Oggi mi consolo un poco, egoisticamente: ho riletto alcune pagine de “L’Europa di Enzo Biagi” e vi ho trovato scritto nell’incipit l’elisir di giornata per sopravvivere ai sovranismi:

Gli italiani non esistono. Nessuno è mai riuscito a catalogarli. Venire al mondo a Palermo, o a Torino, è già una classifica e una differenza. Si può morire di mafia come di cassa integrazione. In un film di Germi, Il cammino della speranza, c’era una donnina meridionale che diceva: “A Milano ci sta gente cattiva: mangiano riso“.

Circolano biondi, a Treviso, che potrebbero bucare i biglietti in una stazione tedesca, e nessuno si stupirebbe se certi omini neri di Bagheria o della Costa Smeralda si presentassero alla visita militare su un cammello“.

Il grande giornalista, cacciato dalla Rai in epoca berlusconiana, caratterizzava così i tratti di un Paese mai veramente divenuto “nazione”, ma rimasto all’epoca caleidoscopica dei frazionamenti comunali, delle divisioni di paese e contrada, di regione contro altra regione.

Quel vecchio (si fa per dire…) libro di Enzo Biagi costava all’epoca 5.900 lire.

Mi sono riscoperto nostalgico pure della lira leggendolo: poi mi sono detto che i tempi sono cambiati, che da allora sono passati ben 36 anni, che ero solo un ragazzino quando a scuola, come compito per le vacanze, me lo diedero da leggere.

Forse è anche per questo che ho sempre visto l’Europa come un prodotto sociale e storico più che come una moneta che peraltro unisce molto malamente i paesi che coinvolge.

Forse è anche grazie ad Enzo Biagi se, pur amando il mio Paese, non l’ho mai idolatrato e nemmeno ho mai messo il concetto e la forma di repubblica avanti a quella di società e di popolo.

Fu una prima infarinatura per una conoscenza di una Europa caotica, che si univa sentendo ancora lo strascico della Seconda guerra mondiale e le rivalità franco – tedesche, con una Gran Bretagna che allora era egemone e che dominava ancora la scena continentale.

L’Italia era parte fondante di questa Europa, del MEC, il Mercato Comune Europeo e poi della stessa Comunità europea. Non era quel coagulo nero di cancrena neofascista che oggi si rinverdisce con una pennellata di verginità facendosi chiamare “sovranista”.

Era un’Europa tutta da costruire quella di Enzo Biagi e l’Italia, così diversa e comunque altrettanto unita nelle tragedie e per i mondiali di calcio, mostrava al mondo una ritrovata solidarietà sociale che rimane oggi soltanto un bellissimo ricordo.

(m.s.)

foto tratta da Pixabay

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