Le “incrollabili certezze” dei comunisti targati CCCP

In tempo di pace le certezze sono la metà delle cronache che giornali, telegiornali e altri mezzi di informazione diramano: pareri e opinioni personali si intrecciano a mezze verità,...

In tempo di pace le certezze sono la metà delle cronache che giornali, telegiornali e altri mezzi di informazione diramano: pareri e opinioni personali si intrecciano a mezze verità, a parzialità che arrivano rilanciate da racconti che non possono essere oggettivi in assoluto per il semplice, “naturale” motivo che la guerra divide e che le parti in campo assumono come strategia offensiva (e difensiva al tempo stesso) la minimizzazione delle proprie azioni e la massimizzazione delle altrui.
Durante la Seconda guerra mondiale chi ascoltava Radio Parigi veniva a conoscenza delle “gloriose avanzate delle truppe germaniche a difesa dello Stato francese” (nome assunto dal cosiddetto “Territorio libero di Vichy”, il regime collaborazionista guidato dall’eroe della Prima guerra mondiale, il maresciallo Philippe Petain) e chi, invece, ascoltava Radio Londra poteva ricevere una informazione opposta, certamente più realistica rispetto alla propaganda goebbelsiana che prendeva forma in ogni voce radiofonica diffusa sui territori occupati dal Terzo Reich.
E così accade anche oggi: mentre si parla di una strage di bambini in Siria, ad opera delle truppe governative di Bashar Al Assad, le parti combattenti si accusano reciprocamente di dire il falso. I cosiddetti “ribelli” accusano il presidente e questo ultimo accusa chiunque gli sia contro di azioni di rappresaglia feroce contro la popolazione.
Tutto ciò rientra pienamente nell’orrore della guerra, nella disumanizzazione che essa trascina con sé e che distende come un impietoso velo che copre le coscienze anche dei più lontani dal bellicismo, dal militarismo, dal cieco odio che alimenta ogni giorno azioni di violenza.
Ciò che stupisce è come la tanto celebre “opinione pubblica” si lasci influenzare da verità che poi non risultano essere tali e come una parte di persone che seguono la politica e sono attivamente impegnati nell’obiettivo di voler cambiare questo mondo, quindi si parla di comuniste e comunisti, quanto meno di gente di sinistra, per partito preso dia per scontato che ogni informazione che ci arriva dai canali ufficiali di agenzie di stampa, televisione e radio, nonché Internet, sia una informazione indubbiamente falsa, artatamente commutata da ciò che il fatto rappresenta in ciò che il fatto deve rappresentare per occultare le malefatte delle potenze mondiali e accusare il povero presidente siriano di essere un torturatore, un massacratore di innocenti.
Quindi, da un lato abbiamo coloro che senza nessun dubbio, senza nessuna minima critica accettano la versione ufficiale sui fatti (“dei” fatti sarebbe fare un torto ai fatti stessi…), dall’altro lato abbiamo quei comunisti che sono sicuri di essere sempre gli scopritori delle falsificazioni operate dalle forze di intelligence, dall’imperialismo e dai governi che gestiscono queste operazioni per fini che riguardano il profitto, la gestione di grandi aree petrolifere e di gasdotti.
Qualcuno ha chiamato questa costante ossessione con un nome preciso: “complottismo”. Maurizio Crozza ultimamente ha creato anche un divertente personaggio che rimane tutto il tempo della sua giornata con gli occhi appiccicati allo schermo del computer: lui, Napalm51 conosce tutto sui complotti dei governi e delle multinazionali, sa come filtrare le informazioni, sa come gestire le notizie e, lui, non si fa ingannare.
A volte sembra che queste compagne e questi compagni siano gli unici ad avere una coscienza critica, una capacità di discernimento delle notizie attraverso l’esercizio costante della messa in dubbio di quanto ci viene detto. E proprio costoro sono quelli che sono pronti ad essere delle agenzie di stampa alternative, proclamando, senza alcuna certezza o fonte che possa confermarlo, che Assad è vittima di un complotto degli imperialisti, che Putin tutto sommato è un amico perché è nemico del nostro nemico.
Per fortuna, al X Congresso nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, appena svoltosi a Spoleto, ho sentito dire da Paolo Ferreo (di certo un pericoloso agente dei servizi segreti di chissà quale potenza imperialista, sotto le mentite e false spoglie di già segretario nazionale del PRC!) che “il nemico del nostro nemico, solo per il fatto di essere tale, non diventa automaticamente nostro amico“.
Per questo il valore della critica e del dubbio, come elemento di costruzione di una vera opinione, sganciata dalla necessità dello schierarsi contro lo stereotipo unico dell’imperialismo, gli Usa, che escluderebbe la presenza quindi di altre potenze alla ricerca di “spazi vitali” per il dominio di mercati e vaste zone del pianeta, diventa e rimane un valore se è capace di fare esclusivo riferimento ad una nuova cultura dell’alternativa.
Una cultura che i comunisti devono “rifondare” senza dimenticare i valori sui quali è nato il movimento per la liberazione dell’essere umano dalla schiavitù del lavoro salariato, del profitto, del regime delle merci. Una cultura di questo genere non conosce amici e nemici a seconda di chi “deriva” da un certo tipo di passato piuttosto che da un altro.
Non può esserci più “vicino” Putin solo per il fatto che la sua strategia è volta ad ostacolare il nemico di sempre, gli Stati Uniti d’America. E così non diventano meno gravi le violazioni dei diritti umani in Russia se si scopre che nelle amministrazioni dello Stato lavorano degli omosessuali.
Anche sotto il Terzo Reich nelle amministrazioni locali e statali, nella gestione complessiva del corpo burocratico germanico e perfino nelle fila del rigido esercito hitleriano c’era una presenza di uomini e donne omosessuali.
Ma questo è un dato naturale, di banale ovvietà: sempre, in ogni epoca, l’omosessualità è esistita ed esiste e quindi anche nel peggiore dei regimi che la vuole reprimere ci saranno anche “alte cariche” che, nascostamente, sono gay, lesbiche, bisessuali…
Una realtà naturale non diventa alibi per un regime oligarchico che imprigiona chi dissente, che perseguita chi non appartiene alla visione familistica imposta dallo Stato.
La risposta a tutto questo sono frasi del tipo: “Ma anche in occidente tutto questo avviene”. Ovviamente sì.
Così come atti di terrorismo perpetrati in Francia, Germania o Belgio non sono né più e né meno gravi di quelli che ha subito San Pietroburgo che, pateticamente, molti hanno richiamato alla mente e negli scritti su Facebook col nome di “Leningrado”.
Cosa si vuole dimostrare chiamando la seconda città più grande della Russia col nome che aveva durante il regime sovietico? Che si è comunisti? Che lo si è magari con più orgoglio di altri? E magari si pensa di dimostrare che chi, come me, la chiama col nome attuale, è un traditore della purezza ideologica, storica e politica del comunismo?
Chi si diverte in questi giochetti dimostra solo di non saper guardare al comunismo come ad una speranza per il futuro, ma ad un luogo di nostalgie che rivivono in simbolismi e diciture che non esistono più.
Il comunismo, come movimento di donne e di uomini che ogni giorno si forma e cresce, ha un senso se sa assumere esso stesso una critica verso il passato senza rinnegare sé stesso nel presente: perché le ragioni per una alternativa al capitalismo o sono ragioni che portano verso la scomparsa della proprietà privata dei mezzi di produzione e del capitale medesimo, oppure l’alternativa alla grande, sintetica espressione di Rosa Luxemburg, “socialismo o barbarie”, diviene drammaticamente sempre attuale e futuribile.
Lo potete vedere bene nel bombardamento in Siria con quei gas chimici che noi italiani abbiamo usato in altre guerre, in Africa, avvelenando una popolazione che oggi disprezziamo se fugge per la miseria che conosce in tante parti di un continente che non conosce pace, che non conosce fratellanza.
Il dogmatismo delle certezze assolute è quanto di più contrario un comunista possa portare con sé provando a definirsi comunista in quel senso: nel senso di essere il portatore della certezza.
Noi siamo portatori della ragionevolezza, delle giustizia sociale, ma non possiamo avere certezze granitiche. Tutto è sempre in movimento e le nostre certezze risiedono solo nel non abbandonare l’obiettivo: la rivoluzione di cui c’è bisogno e che deve cominciare in noi per allargarsi alla stragrande maggioranza delle classi sfruttate.
Ancora una volta lo stalinismo, come concezione burocratica e rigidista del comunismo, è una palla al piede alla libertà di inventare nuove forme di emancipazione che non ci negano nessuna identità ma che semmai la affermano nel trovare sempre un pezzetto di verità in più laddove esiste il dubbio, laddove esiste la messa in discussione dell’ovvio: sia che provenga dalle fonti informative dei governi, sia che arrivi dalla certezza incrollabile dei “perfetti comunisti” con la bandiera sovietica sul profilo Facebook, il pugno alzato dietro la bandiera siriana e la scritta CCCP su un colbacco finto comperato a Porta Portese…

MARCO SFERINI

6 aprile 2017

foto tratta da Pixabay

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