L’amore “naturale” ai tempi del Viagra

La pillolina azzurra compie diciotto anni, diventa maggiorenne. Pare l’abbiano usata più di 50 milioni di uomini nel mondo. Un affare da 3 miliardi di pillole vendute e, in...

La pillolina azzurra compie diciotto anni, diventa maggiorenne. Pare l’abbiano usata più di 50 milioni di uomini nel mondo. Un affare da 3 miliardi di pillole vendute e, in quasi vent’anni, consumate ad una media di 6 al giorno. Questi i dati ufficiali che vanno presi per difetti, visto che sono cifre che si riferiscono al 2013.
I medici parlano di un “aiutino tecnico” che fa bene anche ai sentimenti: oltre a rendere più disponibile al rapporto il membro maschile, il Viagra sarebbe quindi un sostegno psicologico per tutti coloro che, da una presunta o latente impotenza sessuale, ne fanno derivare motivo di sconforto e di disaffezione per quei momenti di piacere da condividere col partner.
Ciò che colpisce è che, invece, il Viagra rosa, quello per le donne, non abbia avuto molto successo. Ragioni emotive, mediche e anche biologiche. Tutto si intreccia in una discussione sulla sessualità difficile da esprimere.
Eppure le ragioni di un così vasto consumo del Viagra possono essere ricercate soltanto nelle difficoltà di erezione e di mantenimento a lungo della medesima nel rapporto sessuale?
Non è anche possibile che sia presente una componente emotiva che induce a mostrare un “machismo” straordinario, una capacità di resistenza nell’atto sessuale così straordinaria da indurre l’uomo a provare un momentaneo priapismo per rendere il raggiungimento del godimento così straordinario per la donna da non poterne fare più a meno con lo stesso partner?
E’ una ipotesi. E, comunque, sarebbe suffragata dal fatto che la maggior parte dei consumatori di Viagra non sono persone di età avanzata, vecchierelli che vogliono ancora provare – giustamente – l’ebbrezza del piacere sessuale: sono soprattutto i trentenni e i quarantenni a farne uso.
Ogni giorno ricorriamo ad aiuti di stimolanti di molti tipi: caffeina e tabacco anzitutto. Eccitanti che ci consentono di superare i momenti della giornata più difficili, di vincere la stanchezza per poter allungare i tempi di resistenza muscolare, intellettiva. Il caffè serve a non farci addormentare magari alla guida di un camion, mentre il tabacco ci dà la sensazione di allontanare lo stress e l’ansia.
Il Viagra ha, in questo senso, almeno una funzione più nobile, ma finisce con il subordinare anche l’eccitazione sessuale al bisogno, a trasformare un normale stimolo in una necessità imprescindibile e continuativa. Insomma, finisce col trasformarsi in una “droga”, in una sostanza a cui ricorrere sempre e comunque, escludendo la possibilità di provare un trasporto emotivo che porti alla massima forza e durata dell’atto amoroso.
Non proviamo più a risolvere i nostri problemi psicologici e psicosomatici con comportamenti da modificare, con un vuoto mentale che ci farebbe molto bene a volte, sgomberando il cervello da pensieri e da preoccupazioni indotte da conformismi e apparenze necessarie quotidianamente, ma ci dedichiamo ad un uso indiscriminato di farmaci che oltre a danneggiare la salute, sono un affare, una speculazione delle peggiori tanto sulla pelle che sulle emozioni delle persone.
L’amore a tutti i costi già era un orrore, una forzatura dettata da ragioni di Stato, da obblighi morali di perbenismo per salvaguardare un onore a rischio di perdita. Ma il sesso necessario è oltre l’erotomania, oltre la stessa dipendenza psicologica che si può sviluppare verso un bisogno incessante di fare l’amore.
L’induzione alla potenza sessuale, all’espressione del “miglior” rapporto possibile è una forma di competizione singolare che si mette in pratica, una sfida con sé stessi. Una sfida che, quindi, non si può perdere mai. Altrimenti si ritorna nel circuito dello scadimento nella depressione, nel considerarsi appunto “non potenti” e, pertanto, “non uomini”.
Non c’è niente di male nel ricercare un aiuto nei momenti di debolezza. Ma ricordiamoci che spesso definiamo “contronatura” tanti rapporti, come quelli omosessuali e li rifiutiamo. Rifiutiamo, cioè, dei comportamenti che reputiamo non allineati con il naturale svolgersi degli eventi e delle predisposizioni, considerate uniche in quanto maggioritarie, date alla specie umana.
Eppure, poi, consideriamo perfettamente “naturale” un rapporto sessuale sostenuto da un aiuto medico. Un rapporto che, in assenza del sostegno bluastro della pillola magica che spopola nel pianeta, sarebbe probabilmente impossibile.
L’impotentia agendi era uno stigma un tempo. Forse lo rimane anche oggi, in molti casi. Un uomo che non riesce a soddisfare la gioia della propria consorte è, come si usava dire, un “mezzo uomo”. Si amputa quindi la sua virilità, lo si fa assomigliare ad un castrato dalla splendida foce farinettiana.
E il punto rimane sempre quello: la riproduzione della specie. Un uomo che non è in grado di riprodurre, viene declassato, umiliato e vilipeso.
La natura con la enne maiuscola prevale su tutto: è la morale che non si discute, quella incontrovertibile e incontestabile.
Impotenti e omosessuali, infatti, fuoriescono dai canoni interpretativi di questo assolutismo naturalistico imperniato sulla necessità della riproduzione come elemento caratterizzante della mascolinità e dell’essenza umana stessa.
Ma che rapporto “secondo natura” è mai quello dove un agente chimico interviene per rafforzare un pene altrimenti non naturalmente attivo? E’ un principio che vale anche per le malattie: ogni volta che proviamo a vincerle, salvaguardiamo la specie, il nostro desiderio ancestrale di autoconservazione. Ma sopravviviamo sempre ad un processo naturale, quando riusciamo a vincere. Più che giusto non assecondare il corso degli eventi e migliorare l’esistenza, combattere contro ciò che ci danneggia: non è immorale aumentare la speranza di vita di ognuno di noi. O almeno non lo sarebbe se questo potesse essere un principio estendibile a tutte le donne e a tutti gli uomini, di qualunque parte del pianeta. Invece ci troviamo sempre davanti al “si salvi chi può”: con carta di credito in mano nel mondo sanitario americano e con le privatizzazioni che avanzano anche qui in Europa.
Il mercato sfrutta anche questi aspetti più intimi e umani dell’insopprimibile istinto all’esistere, all’esserci, al non finire. Fino alla fine… E anche oltre la fine…
Il potere della diffusione planetaria di un rimedio “miracoloso” cancella qualunque presupposto morale, supera persino i pregiudizi. Scavalca ogni impedimento ideologico. Tutto è lecito, dietro pagamento. E chi non può pagare finisce per essere dimenticato, marginalizzato e lasciato al proprio destino.
Discutiamo eternamente del vuoto legislativo sull’eutanasia, sulla sua eticità, sul rapporto tra scienza e fede, ma, intanto, rimane perfettamente “naturale” il sesso con la magica pillola blu della felicità amorosa.

MARCO SFERINI

11 marzo 2016

foto tratta da Pixabay

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