Joker, una critica necessaria dei nostri tempi

Se non l’avete ancora fatto, andate al cinema e guardate “Joker” (la recensione del film fatta da Emanuela Martini di Film Tv aiuta nella comprensione della sinossi). Vi farà...

Se non l’avete ancora fatto, andate al cinema e guardate “Joker” (la recensione del film fatta da Emanuela Martini di Film Tv aiuta nella comprensione della sinossi). Vi farà bene. Diciamo che, quanto meno, proverà a farvi riflettere sul posto che viene assegnato ai deboli, agli emarginati, a coloro che vivono quotidianamente con i disagi interiori, con le malattie mentali, con tutto quanto ci rende più fragili ed insicuri e, quindi, aumenta potenzialmente il nostro lato di difesa che si trasforma in aggressività.

Succede così in tanti casi di cronaca quotidiana dove la violenza sterminatrice di intere famiglie, di fidanzate e dei loro genitori, soprattutto delle persone che ci sono più vicine e che condividono con noi la sfera più intima e che, per questo, ci arricchiscono sentimentalmente o, a volte, paiono invece strapparci via quelle emozioni che assumono i tratti di un oggetto proprietario, assolutamente “privato” e, nell’essere tale, privato della sua connotazione tanto intima quanto condivisa col partner, con i famigliari più stretti, con l’amante o con anche soltanto una persona appena conosciuta e diventa un simbolo idealizzato.

Proprio nella sofferenza risiede la molla che mette in essere un istinto autoconservatore nell’opera distruttrice degli altri: dal singolo alla società che ti reprime, che ti mortifica, che ti isola e ti consegna ad un coatto oblio che Joker percepisce nitidamente tra una risata e l’altra: proprio quel disturbo, che tutti scambiano per una costante presa in giro di una situazione o di una persona, è attrazione dell’attenzione: funziona, ma ha i suoi inconvenienti.

Il fraintendimento è il primo fra tutti: così ecco che piovono sul giovane privo di passato e senza un futuro altri calci e pugni, gragnole di colpi che lo riducono a terra in mezzo ad una via chiusa, come la sua vita, in una città priva di anima, senza nessuna massa collettiva che emerga per farsi sentire, per aprire un varco di bellezza e di sogno in mezzo a tanta immondizia che, letteralmente, giace ai bordi delle strade, accantonata in grandi sacchi neri perfino al fianco delle vetrine dei negozi.

Sembra un po’ lo scenario di alcune nostre città quando sono invase dalla spazzatura, quando la malavita contribuisce al degrado e all’esasperazione dei cittadini dando fuoco ai bidoni ricolmi o proprio a quei sacchi lasciati lì accanto magari ad una bella aiuola per deturparla e per far passare il messaggio che un mondo migliore è impossibile da costruire.

Tra i fiori di un giardino e il marciapiede c’è quella fila nera di sacchi pieni di rifiuti: proprio come Jocker viene considerato da una società che si mostra decente, decorosa ed elegante – quindi vivibilissima – solo al cinema dove magnati e imprenditori avvolti nel lusso assistono a Tempi moderni” di Chaplin.

Non è nemmeno consentito poter parlare: i fondi per l’assistenza sociale vengono tagliati, un  po’ sempre come nella nostra società, e così i colloqui tra Arthur e la sua psicologa finiscono. Lui racchiude tutta la sua delusione rabbiosa in un semplice, icastico “Va bene“. Ma cresce in lui la disaffezione, alla fine, cumulandosi le problematiche sociali con quelle personali, esplode il primo colpo di pistola: ti impaurisce, ma poi quell’arma la porti con te e una sera, mentre assisti all’ennesima scena di violenza, finisci per usarla un po’ per difenderti e un po’ per farti notare, per dimostrare che esisti.

Per un attimo, istintivamente, stai dalla parte di Arthur che, a poco a poco, diventa sempre più Joker. Per un attimo. Poi la morale ti fa indietreggiare, anche se è difficile poter accusare l’uomo, che inesorabilmente si perverte, come origine del male di una città corrotta oltre la Gomorra tanto biblica quanto quella televisiva.

I colpi di pistola sono fragorosi, ma nella metropolitana nessuno li sente. Li sentiranno solo amplificati dai media: un po’ come, ancora una volta, accade nella nostra società, quando le televisioni diventano cannibale megafono delle tragedie più truculente della cronaca nera che costringono anche il meno appassionato al genere a dimostrare una qual certa attenzione perché, alla fine, “se ne parla” e quindi è bene essere informati: o meglio ancora, è meglio sentirsi inclusi e non esclusi…

Dunque, se ancora non l’avete fatto, andatelo a vedere “Joker“, perché è una pietosa mano che vi prende e vi porta nell’impietosa ma necessaria critica dei tempi moderni nostri, dove l’egoismo vince sulla solidarietà e dove la ricchezza si porta appresso tutta la solare luminosità della bellezza mentre ai poveri è lasciato tutto il rimanente della luce, pochi sprazzi nei vicoli bui, sporchi e maleodoranti di grandi metropoli dove per fuggire, anche solo per un attimo, dallo squallore a dall’indifferenza comune, puoi fare solo una cosa: il pagliaccio, il clown.

Ma attenzione: anche un clown buono, alla fine, anche se sorride e si fa grasse risate, può diventare molto, molto cattivo…

MARCO SFERINI

6 ottobre 2019

foto tratta da Pixabay

categorie
Marco Sferini

altri articoli