Il Jobs Act e il referendum: calano gli occupati, aumentano gli inattivi

Propaganda e realtà sul lavoro in vista del voto di domenica. L’Istat rivede al rialzo la crescita (+1% del Pil) e conferma la stagnazione del mercato del lavoro: -30 mila posti a ottobre. Fondazione Di Vittorio (Cgil): il 75% dei nuovi rapporti di lavoro creati è precario. Il Jobs Act, anche con il taglio degli sgravi, produce meno occupazione del 2014. 109 milioni di voucher venduti nei primi nove mesi dell’anno. Il 2016 batterà tutti i record del nuovo precariato

L’Istat rivede al rialzo la crescita annua: +1 per cento e conferma il +0,3% trimestrale, dovuto alla crescita della manifattura (+0,8%) e dei servizi (+0,1%), cala l’agricoltura dell’1,5%. E Renzi esulta su twitter postando uno spot per il sì al referendum: «La crescita italiana raggiunge il +1%. Se il paese si sblocca, faremo di più» scrive. Valutazioni entusiastiche che parlano solo di una parte della realtà, come spesso capita a Renzi. Le stime dell’Istat confermano che, su base annua, l’Italia è al penultimo posto per la crescita nell’Eurozona. Dopo di lei c’è la Lituania.

IN VISTA DEL VOTO DI DOMENICA, anche i dati Istat sull’occupazione sono stati oggetto del consueto depistaggio cognitivo. Il governo che ha speso fino a 18 miliardi di euro in tre anni per sgravare gli imprenditori dei contributi per i neo-assunti con il Jobs Act ha rialzato la bandierina. Il ministro dell’Economia Padoan si è sbilanciato con metafore astronautiche: «Gli incentivi alle assunzioni a tempo indeterminato hanno funzionato come un motore per lanciare un razzo nello spazio”. Espressioni astronautiche a parte, i dati dimostrano che il taglio degli incentivi (da 8..040 a 3.250 euro) ha fatto crollare drasticamente gli occupati.

UNA PIÙ REALISTICA VALUTAZIONE è utile per descrivere un mercato del lavoro stagnante, «stabile» lo ha definito il ministro del lavoro Poletti. Per l’Istat a ottobre è continuata la discesa degli occupati: meno 30 mila. Calano i tempi indeterminati di 39 mila unità, mentre crescono i lavoratori a termine (7 mila). Questo significa che l’effetto dopante degli incentivi sulle statistiche è ormai esaurito, anche se su base annua il saldo occupazionale resta positivo (+174 mila).

NELLE URNE RENZI sta facendo pesare il dato complessivo degli occupati nei suoi mille e più giorni di governo: +585 mila. Se riferito al 2016, il dato indica una realtà diversa. L’aumento interessa gli over 50, non i nuovi assunti, ma coloro che avevano già un lavoro. Crolla invece la fascia più «produttiva» della forza lavoro: -126mila tra 35-49 anni e -97mila 25-34 anni. La disoccupazione giovanile cala al 36,4%, minimo dal 2012, ma il problema è che cala il tasso di occupazione: meno 0,6% in un anno, mentre quello degli over 50 cresce dell’1,4%. Sul dato dell’occupazione giovanile può avere influito il rumore prodotto da «garanzia giovani» , un altro incentivo usato dal governo per le «politiche attive». Si tratta di un programma di tirocini e stage rivolto ai giovani, utile per dimostrare la flessione della disoccupazione.

I DATI SONO SCONCERTANTI: sui circa 900 mila giovani coinvolti, meno di 600 mila sono stati «presi in carico». Dai dati del consuntivo a novembre risulta che gli assunti a tempo indeterminato sono 6.133, quelli a tempo determinato sono 445. Numeri modesti nonostante il governo abbia previsto bonus per le aziende tra 1.500 e 6mila euro ad assunto. Il fallimento del piano, sul quale a lungo ha speculato l’esecutivo Letta sotto la spinta dei socialisti europei, è accompagnato dal fallimento delle politiche dei bonus renziani alle imprese.

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ROBERTO CICCARELLI

da il manifesto.info

foto tratta da Pixabay

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Economia e societàFinanza e capitali

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