Il canto del cigno occidentale

Quello che si è svolto a Taormina sarà ricordato come il G7 più inutile, ridicolo, patetico della storia di questi incontri a livello internazionale. Un disperato tentativo di portare...

Quello che si è svolto a Taormina sarà ricordato come il G7 più inutile, ridicolo, patetico della storia di questi incontri a livello internazionale. Un disperato tentativo di portare all’indietro le lancette della storia, a prima dell’89, della caduta del muro di Berlino. Come si fa, infatti, ad escludere oggi grandi potenze come la Cina o l’India che contano il 38 per cento degli abitanti della terra ed il 30 per cento del Pil mondiale?
Come si fa a convocare un meeting che si autodefinisce dei Grandi e ad escludere la Russia, la seconda potenza militare del mondo e con un apparato di intelligence tra i più efficienti, proprio quando un tema prioritario è quello del terrorismo. Come si fa a pensare che l’Italia, con tutto l’affetto per il nostro paese e l’orgoglio di appartenenza, possa far parte dei 7 Grandi della terra ? Forse perché ha il debito pubblico, in rapporto al Pil più grande del mondo dopo il Giappone! Ed è mai possibile pensare che il paese del sol levante in stagnazione cronica, con un peso decrescente sulla scena mondiale possa rappresentare «da solo» l’Asia , il continente dove negli ultimi trent’anni si è spostato il baricentro dell’economia mondiale? Oppure, c’è da domandarsi, che peso può avere il Canada oggi, la cui popolazione è poco più di quella della capitale cinese e , malgrado il simpatico e progressista presidente Trudeau, il suo valore aggiunto all’economia mondo è inferiore a quello della California.

E’ evidente che quello di Taormina è stato un estremo tentativo di salvare l’immagine di un Occidente che attraversa una crisi irreversibile e che non riesce nemmeno a trovare al suo interno un minimo di strategia comune. Trovare l’accordo per una lotta senza quartiere al terrorismo, senza individuare cause e attori principali, è assolutamente ridicolo se non avesse conseguenze tragiche. Lo sanno bene le famiglie siriane che vedono i loro bambini morire sotto le bombe dei Grandi , e lo sanno tutti ormai che l’Arabia Saudita gioca un ruolo fondamentale nella strategia terroristica su scala mondiale, paese con cui Trump ha stretto pochi giorni fa un accordo per un centinaio di miliardi di forniture di armi da guerra. Certo che va combattuto l’Isis, ma lo si può fare veramente solo mettendo fuori gioco chi lo finanzia, e ridefinendo la categoria di «terrorismo» che oggi viene usata a senso unico.

Nella stupenda cornice del sito siciliano, più volte richiamata e sottolineata da tutti i media, suonava patetico, non so trovare definizione migliore, il discorso del nostro presidente del Consiglio che pensava di convincere Trump , di ammorbidirlo grazie alla bellezza di Taormina ed all’energia magmatica dell’Etna. Come se il presidente Usa fosse un bambinone cattivello che bisognava rabbonire, e non l’espressione di potenti interessi delle lobby del petrolio e del carbone che gli ordinano di boicottare gli accordi di Parigi sul clima, e dell’industria degli armamenti che aveva bisogno di rilanciare il mercato mondiale delle armi pesanti.
Donald Trump si sta dimostrando un ottimo rappresentante di questi interessi forti e consolidati negli Usa, ed ha bisogno di tutto il loro appoggio per affrontare il difficile momento, il Russia-gate, che dovrà affrontare tornando in patria. Probabilmente questo incredibile quanto rozzo presidente della superpotenza Usa non avrà vita lunga , sul piano politico, ma ha rappresentato plasticamente la fine dell’egemonia nordamericana e l’inizio della sua inarrestabile caduta. Insieme all’Occidente, a partire dalla Ue che non è più in grado di trovare una sua autonomia, di difendere la sua dignità e la sua storia, di giocare il ruolo che le spetta nel bacino del Mediterraneo.

Quello di Taormina non è stato un meeting tra i Grandi della Terra, ma un triste incontro tra i rappresentanti della Alleanza Atlantica come ai tempi della guerra fredda. E’ il canto del cigno dell’Occidente, che non vuole vedere il suo tramonto e si rifugia nostalgicamente tra le braccia dell’ anfiteatro greco più famoso del mondo, con lo sguardo rivolto al passato glorioso mentre il vento della storia lo sta travolgendo, come nell’Angelus Novus di Paul Klee : « Questa tempesta lo spinge irreversibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine cresce davanti a lui nel cielo» (Walter Benjamin) .

TONINO PERNA

da il manifesto.it

foto tratta da Pixabay

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