Diciotti, Salvini, Di Maio e la questione del potere

Da la Repubblica: “Diciotti, Salvini ci ripensa: “No al mio processo”. M5s si divide, Di Maio convoca i senatori della Giunta La retromarcia del ministro imbarazza gli alleati di governo....

Da la Repubblica: “Diciotti, Salvini ci ripensa: “No al mio processo”. M5s si divide, Di Maio convoca i senatori della Giunta La retromarcia del ministro imbarazza gli alleati di governo. Carelli: “Ora le condizioni sono cambiate”. Il ministro Toninelli: “Decisione collettiva, processino anche me”. Ma la frattura interna costringe il vicepremier cinquestelle a riunire il gruppo in vista del voto in giunta per le autorizzazioni. Fdi e Fi voteranno no”.

Dall’Huffington Post: M5S: “PROCESSATECI TUTTI”, FIORAMONTI: “NON ESCLUDO COLPI DI SCENA”. “Credo che Conte e Di Maio debbano essere parte del processo perché sono scelte collegiali di tutto il governo”. Le dichiarazioni del sottosegretario agli esteri Manlio Di Stefano sono in linea con quelle del Movimento. Da Toninelli che aveva parlato di decisioni condivise, e quindi “se processano Salvini devono processare tutto il governo“.

La vicenda riguardante l’incriminazione del ministro Salvini per la questione legata alle traversie della nave “Diciotti” si presenta di grande complessità sul piano politico, mentre si prospetta per il M5S un passaggio probabilmente decisivo.

Un punto di premessa iniziale deve però essere espresso: ancora una volta, come accade con grande frequenza, il mondo politico italiano si trova alle prese con un’operazione di supplenza da parte della Magistratura: questa volta la discussione riguarda strettamente l’operato del governo.

Nel suo insieme, sia quando si trattò di assumere la decisione riguardante la nave “Diciotti”, sia adesso che la scelta riguarderà la linea da tenere rispetto all’eventualità di processare Salvini si tratta di stabilire se, all’interno dell’esecutivo, prevarranno le ragioni del potere o quelle della legalità.

Il tema di fondo di tutta la questione infatti riguarda il potere, la sua concezione, la volontà di tradurre la gestione del potere in un fatto privato di puro mantenimento della propria condizione dominante, in disprezzo delle leggi e della ragione.

L’attuale governo si regge sul voto di 16.430.753 elettrici ed elettori su 32.841.025 che hanno espresso voti validi lo scorso 4 marzo 2018. La percentuale della maggioranza nel Paese era dunque del 50,03% dei voti validi e del 35,33% su 46.505.350 iscritte e iscritti nelle liste elettorali sul territorio nazionale.

Suddividendo questi dati all’ingrosso all’interno delle componenti della maggioranza si può affermare che l’azionista di maggioranza 5 stelle ha raccolto 10.700.00 voti in nome di due interessi prevalenti: la promessa del reddito di cittadinanza e la parola d’ordine dell’antipolitica, della lotta alla casta, dell’uno vale uno oltre al rifiuto delle cosiddette “grandi opere”.

La Lega ha raccolto 5.600.000 voti oltrepassando la dotazione dello storico bacino del Nord essenzialmente proclamando la lotta senza quartiere ai migranti, oltre ad altre questioni non secondarie come quella della libertà di far fuoco nella logica del Far West.

Nel frattempo, saliti al governo assieme, la parte più dura è toccata proprio al M5S: da un lato i sondaggi evidenziano un rovesciamento di posizioni a vantaggio della Lega; dall’altra la rinuncia ad alcuni capisaldi del proprio programma con il ridimensionamento delle risorse a disposizione per il reddito di cittadinanza (provvedimento elaborato progettando un complicato meccanismo burocratico d’accesso) e l’accettazione, sulla spinta dell’alleato, dell’effettuazione di alcune opere che in partenza erano state rifiutate oltre all’espressione di assoluta incertezza, al riguardo, di quella che può essere considerata l’opera – simbolo dell’opposizione: la TAV sulla linea Torino – Lione hanno complicato i rapporti tra i vertici del movimento e la base elettorale.

Intanto entrambi i firmatari del “contratto di governo” hanno molto sfumato, per evidente mero opportunismo, la linea anti – Euro e anti – UE che li aveva accomunati in campagna elettorale.

Adesso la storia che, per semplificazione, può ben essere definita come “processo Salvini”, si presenta come di estrema delicatezza e il suo esito potrà ben essere considerato come paradigmatico della concezione del potere che il M5S esprimerà dopo il corrompimento oggettivo subito nell’assunzione delle responsabilità di governo.

Si può ben parlare di “corrompimento oggettivo” considerate le posizioni di partenza che il movimento ha tenuto nel riguardo delle istituzioni fin dai suoi esordi e nel suo tumultuoso progredire di consenso: comportamento ben avvalorato dai resoconti stenografici di Camera e Senato nella precedente legislatura.

In sostanza: se passa la linea della corresponsabilità di tutto il governo sarà difficile distinguere questa posizione da quella tenuta dalla DC nel caso di Antelope Cobbler (scandalo Lockheed) spiegata nel famoso discorso di Aldo Moro tenuto alla Camera nel 1977.

Se, invece, il M5S voterà contro il passaggio processuale di Salvini andrà in discussione definitivamente la concezione del potere espressa dal Movimento significando il definitivo e senza ritorno passaggio all’interno della tanto deprecata “casta” (termine orribile che si usa in questa sede soltanto in chiave meramente giornalistica, senza affidargli alcuna valenza di identificazione sul piano politico).

Intanto, sempre riferendoci ai sondaggi, sembra proprio che il tema della “damnatio” verso i migranti non solo rappresenti uno dei punti – cardine sui quali si sta sviluppando la battaglia politica in Italia ma anche tema di forte aggregazione di consenso.

Insomma:per il Movimento 5 stelle pare si sta palesando il passaggio più stretto dalla nascita del soggetto politico, stretto tra una presunta “etica della responsabilità” e un’altrettanto presunta “etica dei principi”.

In realtà potrebbe denudarsi il Re di un pauroso abbassamento di livello nella qualità etica dell’agire politico nel sistema italiano: un mix di opportunismo e di demagogia che grazie a una crisi complessiva a livello sistemico ha determinato questo tracollo.

Una crisi sistemica, è bene ricordarlo, alimentata da scelte profondamente sbagliate anche sul piano istituzionale (funzione della governabilità, personalizzazione, subalternità ai processi liberisti, attacco alla Costituzione) con le quali centrodestra e centrosinistra hanno aperto la strada a questo disastro.

FRANCO ASTENGO

30 gennaio 2019

foto tratta da Pixabay

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