Bonaccini-Bergonzoni, le due facce del liberismo

Un voto a sinistra per dare un segnale politico di rigetto delle politiche liberiste, sia nella versione nazionalista che in quella “europeista”
Borgonzoni e Bonaccini

Il prossimo 26 gennaio i cittadini dell’Emilia Romagna saranno chiamati al voto per le elezioni regionali. In virtù della legge elettorale maggioritaria a turno unico approvata dal Consiglio regionale nel 2014, la competizione sarà polarizzata su due candidati governatori: l’uscente presidente Bonaccini (PD e renziano doc) e la candidata della Lega, Borgonzoni. Come accade ormai sempre più spesso, i toni bellicosi dovrebbero corrispondere all’ennesima “madre di tutte le battaglie”: al grido leghista che incita alla «liberazione» della regione fa da contraltare la chiamata alle armi della sinistra liberale in difesa dell’antica regione rossa.

In realtà, purtroppo, il liberismo è l’orizzonte nel quale si muovono entrambi i contendenti: dall’intensificazione del trasporto su gomma alla cementificazione del territorio (ampliamento dell’aeroporto di Parma, Ti-Bre, autostrada Sassuolo-Campogalliano, Passante nord, Cispadana, trasformazione in autostrada dell’attuale superstrada Ferrara – Lidi di Comacchio); dalla privatizzazione della sanità (vedi l’accordo siglato da Bonaccini con l’Associazione dell’ospedalità privata per aumentare la sua quota di prestazioni specialistiche e di ricoveri a spese del servizio sanitario pubblico regionale che richiama il modello lombardo e veneto) al sostegno alle grandi multinazionali (vedi il recente accordo Retention); fino al silenzio sulle forme illegali di manodopera, di caporalato, di false cooperative, di pratiche di appalto e subappalto di manodopera da parte delle grandi imprese (Castelfrigo, Italpizza, Bellentani) e sull’eterno lavoro schiavistico stagionale in Romagna. Ormai anche in Emilia Romagna è scomparsa la funzione sociale delle istituzioni pubbliche con interventi di redistribuzione della ricchezza e di tutela dei ceti meno abbienti, mentre si è affermato il compito di veicolare le risorse economiche dall’ambito pubblico a quello di imprese, banche e finanza.

Dunque Lega e PD sono la stessa cosa? Se sotto il profilo culturale e civile certamente no, la convergenza oggi sta nella medesima difesa degli interessi dei ceti dominanti, plasticamente rappresentata dal comune inseguimento dell’autonomia differenziata, attraverso cui assicurare ad essi affari d’oro privatizzando servizi e territori ed avendo mano libera nell’assalto ai beni comuni. Siamo consapevoli del rischio che la svolta reazionaria e nazionalista impressa da Salvini alla politica italiana possa attecchire anche in una regione considerata da sempre il bastione del centro-sinistra, ma nello stesso tempo non possiamo dimenticare che la situazione attuale è anche il frutto delle politiche portate avanti dai governi a guida o con la partecipazione del PD che hanno contribuito a smantellare conquiste storiche dei lavoratori e che hanno dirottato interi settori di elettorato verso le pulsioni xenofobe e reazionarie della destra.

Il PD potrà godere dell’alleanza del variegato mondo di una sinistra che va da Calenda a Pizzarotti, da + Europa a Italia in comune, da Regione coraggiosa alle diverse liste civiche, dai transfughi del centrodestra (come Casini o Cazzola, il sostenitore delle peggiori riforme in materia di lavoro e previdenza sociale) a imprenditori quali Fagioli (che tolse l’appalto ad una cooperativa perché i soci-lavoratori, pagati 5 euro l’ora, decisero di applicare il regolare contratto nazionale di lavoro e vennero licenziati con un sms). Il PD sarà sostenuto da destra e da sinistra in un calderone mortale che stritolerà quella parte di sinistra che ancora una volta si nasconde sotto l’ascella protettiva del centro-sinistra.

La Lega trae vantaggio da questa situazione opaca, utilizzando a fondo con i suoi messaggi xenofobi e razzisti, tutte le contraddizioni presenti nella società, in particolare le paure sul loro futuro degli strati popolari in difficoltà economica, ma anche tutte i timori dei settori piccolo e medio borghesi, imprenditori, commercianti, ecc. di perdere la loro condizioni di benessere di fronte alle nuove dinamiche economiche del sistema capitalista.

In questi meccanismi di scontro di potere la sinistra di classe sembra condannata all’irrilevanza politica, soprattutto quando non riesce ad avere una presenza unitaria anche elettorale con una chiara scelta politica ed organizzativa di alternativa e di resistenza alle politiche liberiste, come invece Sinistra Anticapitalista aveva auspicato.

Uno scatto di dignità sarebbe richiesto a chi, pur consapevole delle sconfitte subite, sta a cuore la sinistra. Occorre presidiare il campo della sinistra in vista delle elezioni, ma soprattutto in vista del dopo, quando il cerchio magico del potere si richiuderà, ad ognuno sarà dato il suo compenso e le cambiali saranno pagate in termini di difesa di precisi interessi. Per questo Sinistra Anticapitalista lavora per costruire un forum sociale delle forze politiche e sociali di classe che favorisca l’unità di tutti i settori che resistono alle politiche liberiste e che faccia avanzare un progetto alternativo anticapitalista, sociale e democratico. All’interno di questo percorso, delle prossime elezioni regionali in Emilia-Romagna, Sinistra Anticapitalista invita a votare per le liste e i candidati della Altra Emilia-Romagna e di Potere al Popolo, che, anche se divise, rappresentano le uniche proposte elettorali alternative al liberismo.

SINISTRA ANTICAPITALISTA – EMILIA ROMAGNA
SINISTRA ANTICAPITALISTA – DIREZIONE NAZIONALE

21 gennaio 2020

foto: screenshot

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Sinistra Anticapitalista

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