Amministrative 2018. Una analisi del voto

Non è facile riuscire a fornire un indirizzo politico complessivo ai dati usciti dalle urne il 10 giugno scorso: elezioni comunali che hanno visto impegnati, tra gli altri, elettrici...

Non è facile riuscire a fornire un indirizzo politico complessivo ai dati usciti dalle urne il 10 giugno scorso: elezioni comunali che hanno visto impegnati, tra gli altri, elettrici ed elettori di 20 Città capoluogo.

Brescia, Catania, Siena, Pisa, Ancona, Avellino, Barletta, Brindisi, Imperia, Massa, Messina, Ragusa, Siracusa, Sondrio, Teramo, Terni, Trapani, Treviso, Vicenza, Viterbo: su questi 20 comuni si è concentrato il nostro tentativo di focus.

Tentativo perché di nient’altro si è trattato proprio perché l’obiettivo è quello di stabilire l’individuazione di un “trend” sul piano esclusivamente politico cercando di raffrontare i dati del 10 giugno con quelli espressi, nelle stesse Città, il 4 marzo in occasione delle elezioni legislative generali.

Ci troviamo di fronte, nuovamente, ad una alta volatilità elettorale (Diamanti azzarda un “elettorato liquido”) che fino a qualche anno fa non si reperiva facilmente nelle urne italiane.

In questo caso comunque non interessa il gioco dei Sindaci eletti al primo turno, dei ballottaggi, del mutamento di schieramento nella formazione delle maggioranze nei consigli comunali: si cerca di esaminare l’andamento dei singoli partiti e/o liste sul piano generale.

Inoltre la scadenza delle elezioni comunali ha indotto alla presentazione di un grande numero di liste cosiddette “civiche”, in particolare al Sud e più specificatamente in Sicilia dove sulle schede è stato difficile reperire simboli di partito oltre a quello del Movimento 5 stelle presentatosi invece “en solitaire” su tutto il territorio nazionale (questo dato favorisce il raffronto degli analisti).

Liste civiche di diversa natura: ci sono quelle presentate in appoggio a candidature a Sindaco connotate politicamente e quindi facilmente collocabili (liste civiche hanno fiancheggiato anche candidature di Casapound); altre messe in piedi da conosciuti professionisti della politica, magari in rotta con il loro schieramento d’origine come nel caso di Scajola ad Oneglia e che quindi debbono per forza essere collocate in uno schema di riferimento politico ben preciso; ancora le liste civiche non connotabili- almeno a prima vista – e che quindi debbono essere analizzate a parte.

Vedremo meglio andando avanti.

Prima di tutto però il dato della partecipazione al voto.

Come ci capita ormai da diverso tempo il nostro riferimento al proposito è quello del totale dei voti validi: in questa occasione davvero nessuno può vantarsi di essere riuscito a portare al seggio elettrici ed elettori abitualmente astensionisti.

Il 4 marzo infatti, nel 20 comuni capoluogo presi in esame, erano stati espressi 1.042.549 voti validi; cifra scesa al 10 giugno a 888.468 con un calo di 154.081 unità.

Si accennava alle liste civiche: quelle non catalogabili all’interno degli schieramenti hanno raccolto 66.593 voti pari al 7,49%, dato non raffrontabile ovviamente con altri derivanti dall’esito delle elezioni politiche di marzo.

Partiamo allora conducendo il nostro raffronto dal Movimento 5 Stelle che, nel frattempo, ha effettuato il difficilissimo esercizio del passaggio dall’opposizione al governo.

Il M5S ha ottenuto il 10 giugno 103.279 voti (da tener presente che il Movimento non aveva presentato il simbolo in alcuni comuni come Vicenza e Siena) pari all’11,62%sul totale dei voti validi. Il 4 marzo scorso M5S aveva totalizzato, nell’insieme dei 20 comuni capoluogo presi in esame in questa sede, 384.825 voti pari al 36,91% sempre sul totale dei voti validi. La flessione è quindi di 281.546 voti e del 25,29% in percentuale.

Assolutamente frastagliata la presenza di quello che è stato il centro – destra e che comunque analizziamo in blocco stante la partecipazione comune in molte situazioni locali come avvenne, il 4 marzo, nei collegi uninominali di Camera e Senato (i nostri dati di raffronto sono però sempre desunti dal voto della Camera).

Il primato all’interno del centro – destra spetta, in questo caso, alle liste civiche di appoggio ai candidati – Sindaci (in questo dato sono comprese le liste d’appoggio a Scajola, come già riferito, esclusa quella del Popolo della Famiglia che ha una sua valutazione a parte).

Le liste civiche di centro – destra hanno dunque messo assieme, sempre in riferimento ai 20 comuni capoluogo analizzati, 178.596 voti pari al 20,10%.

Tra i simboli di partito tradizionali: la Lega ha ottenuto 88.369 voti pari al 9,94%% (4 marzo: 133.539 pari al 12,80%); Forza Italia 63.123 , 7,10% (4 marzo: 152.596 pari al 14,63%), Fratelli d’Italia 35.356, 3,97% ( 45.115 il 4 Marzo pari al 4,32%), UDC 10.900, 1,22% , presente in 9 comuni (4 marzo. Lista Noi per l’Italia – UDC 11.665 pari all’1,11%), Popolo della Famiglia, presente in 8 comuni, 2.943 voti, 0,33% (4 marzo 7.812, 0,74%). Con il centro destra anche la presenza in un solo comune del PRI 3.618 voti , 0,40% (PRI – ALA il 4 marzo, nei 20 comuni, 1.339 voti 0,12%).

La Lega quindi mantiene il primato all’interno di quello che fu il raggruppamento di centro – destra e raccorcia notevolmente le distanze, rispetto al 4 marzo, dall’alleato di governo del M5S ma non fornisce l’impressione di un vero e proprio sfondamento elettorale, ciò nonostante il calo secco di Forza Italia che, probabilmente, molto concede (assai più della Lega) alle liste civiche.

Riassumendo, per quel che riguarda il centro – destra analizzandolo ancora come schieramento tale e quale quello presentato alle politiche: il 10 giugno i voti raccolti sono 382.905 pari al 43,09%. Il 4 marzo, sempre in riferimento ai 20 comuni in questione, il centro destra ebbe 350.727 suffragi pari al 33,64%. Siamo di fronte quindi ad un incremento notevole dovuto in gran parte alla “tenuta” del proprio elettorato tradizionale, alla presenza di liste civiche che possono aver catturato voti in altri campi e – anche – da una qualche cessione da parte di elettrici ed elettori 5 stelle.

Il PD temeva un vero e proprio tracollo,invece il risultato – pur in perdita – non è disprezzabile considerate anche le condizioni interne dell’ex-PdR. Il risultato del PD, inoltre come è già capitato al centro – destra, è corroborato dalla presenza delle liste civiche a sostegno del sindaci presentati dal Partito Democratico: in Sicilia, come è già stato fatto notare, il simbolo del PD non è stato presentato in importanti città (Catania) e sostituito da diversi simboli di varie liste civiche.

In sostanza il PD ha avuto, sul proprio simbolo, l’apposizione di 112.784 suffragi (12,69%), il 4 marzo erano stati 191.734 (18,39%). Un calo di 78.950 voti e del 5,70%.

Le liste civiche d’appoggio hanno avuto 167.479 voti pari al 18,85% (più 1.731 voti di una lista verde pari allo 0,19%).

Lo schieramento attorno al PD ha quindi ottenuto complessivamente, il 10 giugno, 280.263 voti pari al 31,54%. Il 4 Marzo lo schieramento raccolto attorno al PD, comprendente più Europa, Insieme e Civica Popolare ebbe, sempre nei 20 comuni presi in esame, 229.724 voti pari al 22,03%. Siamo quindi fronte ad un incremento di 50.539 voti pari al 9,51%. Un riconoscimento, con tutta probabilità, al buon lavoro di alcuni Sindaci come ad esempio è accaduto in un centro importante come Brescia.

A sinistra del PD la presentazione elettorale del 10 giugno è risultato complessivamente episodica ed eccessivamente frastagliata, anche nella collocazione rispetto alle candidature.

In prevalenza abbiamo avuto la presenza di liste civiche di sinistra promosse, in parte, anche da candidati sindaci propostisi in termini soprattutto di “difesa dei diritti” e dei “beni comuni”. In qualche caso queste liste civiche hanno appoggiato candidati del PD, ma si è ritenuto di conteggiarle a parte proprio per la loro evidente connotazione politica.

In conseguenza: le liste civiche di sinistra hanno avuto 28.784 voti pari al 3,29%.

A sinistra la presenza autonoma maggiormente caratterizzata è stata quella di Potere al Popolo che ha presentato propri candidati sindaci e relative liste in 6 città (la lista di PaP non era presente in alcun altro comune capoluogo in appoggio ai candidati sindaci di altro schieramento. In un solo caso si è avuto un connubio PaP – S.I). Le liste (i nostri dati, è bene ricordarlo sono riferiti alle liste e non ai candidati – Sindaci proprio per l’intenzione di analisi direttamente politica con la quale è stato eseguito questo lavoro) di PaP hanno quindi ottenuto 4.137 voti pari allo 0,46% misurato sul totale dei voti validi.

Sinistra Italiana ha presentato liste con il proprio simbolo in 4 comuni con 2.256 voti (0,25%), Il simbolo di Leu e quello di MDP sono comparsi in 4 comuni per 6.124 voti (0,68%). Presente, un solo comune alla volta, una lista del PRC con 689 voti (0,07%), del PCI (ex-Comunisti Italiani) con 359 voti (0,04%) e del PSI con 212 voti ( 0,02%).

A parte la presentazione in 3 comuni del Partito Comunista di Marco Rizzo con 845 voti complessivi (0,09%).

Ricordiamo allora i voti e le percentuali raccolte da queste forze il 4 marzo scorso: Leu (che comprendeva MDP e SI) 40.237 voti pari al 3,85%; Potere al Popolo 13.836 voti ( 1,32%), Partito Comunista (Marco Rizzo) 4.010 (0,38%).

A destra con presentazioni sporadiche abbiamo trovato, il 10 giugno: Forza Nuova, un solo comune, con 548 voti (0,06%), Casapound, in 6 comuni, 2.429 voti (0,27%), e liste civiche d’appoggio (in 5 comuni) con 3.000 voti pari allo 0,33%). Da segnalare ancora in un solo comune la presenza della lista di Grande Nord con 289 voti (0,03).

Il 4 marzo, nei 20 comuni in questione, Casapound aveva avuto 10.345 suffragi pari allo 0,99% e Grande Nord 504 voti pari allo 0,04%.

In conclusione, aspettando di poter effettuare analisi più dettagliate anche rispetto al tipo di presenza realizzato dalle liste civiche, si può affermare:

1) si è registrato un netto calo di partecipazione (rispetto al 2013 – 6% );

2) le liste civiche, sia di appartenenza sia apparentemente “apartitiche” hanno ottenuto buoni risultati dimostrando di incontrare il favore dell’elettorato più incline a localismi per così dire “temperati”;

3) il centro – destra, comprendendo la Lega, ha ottenuto una netta maggioranza. Pur tuttavia il partito di Salvini, nonostante l’incensamento dei media non appare in grado di produrre un livello di crescita tale da consentirgli di snobbare il quadro di alleanze all’interno del quale si è sempre tradizionalmente inserito. Il declino di Forza Italia continua, ma andrebbe valutato meglio appunto al netto delle liste civiche d’appoggio. Il voto di Fratelli d’Italia può essere giudicato usando il vecchio motto occhettiano dello “zoccolo duro”;

4) sul PD si possono confermare i giudizi dei principali organi di stampa: esce malconcio, perdendo molto potere, ma ancora vivo. Forse sarebbe il caso per i democratici di guardare meglio al territorio;

5) a Sinistra prosegue la frammentazione che produce marginalità. L’unica forza che appare, sia pure in dimensioni limitate, provvista di una certa identità anche elettorale sembra essere Potere al Popolo ricordiamo che questa lista, almeno alle elezioni politiche era stata promossa dagli attivisti napoletani dei centri sociali, dopo il fallimento dell’assemblea del Brancaccio, cui avevano aderito, tra le principali formazioni, Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani e Rete dei Comunisti);

(Una schematica analisi del voto a Potere al Popolo riguardante i capoluoghi di Provincia nei quali la lista è stata presentata in occasione delle elezioni comunali del 10 giugno 2018.

Si tratta di sei comuni capoluogo: i voti sono riferiti alla lista e non al candidato sindaco.

Di seguito troverete i voti alla lista e il totale dei voti validi confrontati con i voti alla lista e al totale dei voti validi registrati alle elezioni politiche del 4 marzo 2018.

Brescia: voti PaP   673 su 77.587, a marzo 1319 su 101.276 voti validi

Imperia: voti PaP 462 su 19.816 , a marzo 509 su 21.346 voti validi

Massa: voti Pap 1182 su 34.157 , a marzo 961 su 37.491 voti validi

Terni: voti PaP 792 su 50.405, a marzo 757 voti su 59.092 voti validi

Vicenza: voti PaP 493 su 43.637, a marzo 640 voti su 58.002 voti validi

Siena: voti PaP 535 su 24.758, a marzo 621 voti su 30.306

In totale: voti PaP 4.137 voti su 250.360 voti validi pari all’1,65%

A marzo voti PaP 4.807 voti su 307.513 voti validi pari all’1,56%

Incremento dello 0,9% dovuto alla diminuzione di voti validi. PaP infatti cede 670 voti su una perdita di voti validi di 57.153.

Da parte mia non è possibile un commento di merito non conoscendo le situazioni locali: certo è che non si evidenzia un progresso particolarmente sensibile (il resto della sinistra oltre il PD si è presentata in maniera troppo sparpagliata per essere valutata. Da segnalare gli 845 voti raccolti dal PC di Rizzo in 3 comuni capoluogo). Se davvero si pensa di andare avanti (come sarebbe giusto) sulla strada del formare e strutturare un’organizzazione politica si pone il tema del passaggio dell’immagine a livello nazionale al radicamento locale.)

6) Per il Movimento 5 stelle appare davvero presto scrivere già di elezioni di Midterm ma la composizione davvero arlecchinesca del suo elettorato raccolto come voto di protesta ha come conseguenza una estrema volatilità che si è già espressa, assieme al limite di presenze territoriali che si dimostrano davvero poco incisive.

7) L’estrema destra appare, almeno sul piano elettorale, sempre più ai margini del sistema.

FRANCO ASTENGO

12 giugno 2018

foto tratta da Pixabay

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Analisi e tesi

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