Alleanze e poltrone, in Europa ora si balla

Bruxelles. Via alle trattative per le nomine che contano, stasera primo incontro a Bruxelles per individuare i nuovi Tusk, Tajani, Mogherini, Juncker e Draghi. Popolari e socialisti verso un allargamento della maggioranza a lib-dem e Verdi

Quali saranno le alleanze per costruire una maggioranza al Parlamento europeo? Chi starà all’opposizione? Quali saranno le nomine per i posti importanti? Tra affermazioni sbruffone, volontà di mantenere in piedi un potere in linea con il passato e tentativi di creare un terremoto, le trattative sono iniziate.

La sequenza delle nomine è la seguente: al Consiglio di fine giugno, i capi di stato e di governo dovranno scegliere il nome del loro presidente, il successore di Donald Tusk (che è del Ppe); il 2 luglio, prima riunione del Parlamento europeo, dovrà essere eletto il presidente, che succederà a Antonio Tajani (Ppe); a metà agosto dovrà venire decisa la carica considerata più importante, quella di presidente della Commissione, per succedere a Jean-Claude Juncker (Ppe); poi ci saranno le audizioni dei commissari e la decisione su Mr. o Mrs.Pesc, al posto di Federica Mogherini (S&D); infine, in autunno, dovrà essere scelto il successore di Mario Draghi alla testa della Bce.

Stasera c’è un Consiglio informale a Bruxelles, per una prima discussione. Prima, Macron vede i paesi del gruppo Visegrad, con Tusk e Merkel (a cui ha già telefonato domenica sera). Ieri sera, il socialista Pedro Sanchez era a cena all’Eliseo. I Verdi intendono contare e non restare all’opposizione, così come il nuovo gruppo dei centristi (eredi Alde), rafforzato dai francesi della République en Marche. «Con la crescita in potenza dei populisti, per fare una maggioranza pro-europea stabile, i Verdi sono indispensabili» ha precisato il belga Philippe Lamberts. Non c’è più la tradizionale maggioranza Ppe-S&D, deve essere trovata un’alleanza, con centristi e Verdi, per «una coalizione stabile e solida» per arginare l’estrema destra.

Intanto ci sarà la formazione dei gruppi. Matteo Salvini e Marine Le Pen intendono costruire un gruppo nazionalista forte, che potrebbe avere 80-100 seggi. Adesso, i gruppi di estrema destra sono 3, quello che è cresciuto di più è Enl (Lega, Rassemblement national), che da 37 deputati è passato a 58. Potrebbe attirare la spagnola Vox per esempio (3 seggi) e convincere partiti che ora sono nell’Ecr, oggi 58 seggi, come il Pis polacco e i conservatori britannici. Poi c’è il gruppo dove sedeva l’Ukip e che dovrebbe accogliere il Brexit Party di Nigel Farage, alleato dei 5 Stelle. Anche se tutti finissero assieme, al massimo il maxi-gruppo avrebbe 172 seggi, ben lontano dalla maggioranza, che è di 376.

Inoltre, non vanno sottovalutate le grandi differenze che spaccano l’estrema destra: relazioni con Putin, antisemitismo, liberismo-statalismo, questioni di società, equilibrio stato-regioni. Conterà molto la posizione che prenderà Viktor Orbán, per ora in stand by nel Ppe, dove il suo partito Fidesz è stato sospeso ma non espulso. Comunque, l’estrema destra sarà costretta a restare all’opposizione, per mancanza di alleati, anche nel caso di una spaccatura del Ppe.

La battaglia delle nomine è iniziata. Joseph Daul, presidente del Ppe afferma: «Abbiamo vinto le elezioni, reclamiamo un solo posto: la presidenza della Commissione per Manfred Weber» (Csu). Ma la candidatura di Weber è in difficoltà. Angela Merkel, che lo sostiene, esce indebolita dal voto.

Weber non è mai stato ministro e non ha un peso specifico all’altezza della carica (dovrà trattare da pari a pari con Trump, Xi Jinping, Putin); inoltre è contestato da varie parti: Tsipras, Macron e Orban non lo vogliono e il presidente francese, anche se è arrivato secondo (ma solo per 200mila voti) non è veramente indebolito dai risultati. S&D ha il candidato Frans Timmermans, ma il gruppo ha perso seggi, i centristi vogliono contare e giocano di sponda, la commissaria Margrethe Vestager dice che è possibile «avere una donna alla testa della Commissione», autoproponendosi, ma Macron è anche pronto a giocare la carta di Michel Barnier (Ppe, ma francese e aperto all’ecologia, anche se essendo il negoziatore Ue per la Brexit, la sua nomina potrebbe venire considerata una sberla a Londra).

Equilibri di genere e est-ovest potrebbero essere favorevoli alla bulgara Georgieva Kristalina, direttrice generale della Banca mondiale. E c’è chi vorrebbe convincere Merkel a occupare la presidenza del Consiglio (e così sbarazzarsi di Weber senza sollevare polemiche). Poi ci sono le scelte dei commissari: l’Italia vorrebbe gli Affari economici.

ANNA MARIA MERLO

da il manifesto.it

foto tratta da Pixabay

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