A sinistra, la complicata analisi del voto

La netta sconfitta subita dalla lista della Sinistra in occasione delle elezioni europee 2019 richiede senz’altro un’analisi di merito riferita soprattutto ai flussi di voto che stabilitisi fra le...

La netta sconfitta subita dalla lista della Sinistra in occasione delle elezioni europee 2019 richiede senz’altro un’analisi di merito riferita soprattutto ai flussi di voto che stabilitisi fra le elezioni europee 2014, quelle politiche 2018 e infine – appunto – quelle europee 2019.

Un’analisi complicata soprattutto dal fatto che stiamo verificando diverse modalità di presentazione elettorale che comunque debbono essere accomunate nella comparazione.

Inoltre è indispensabile verificare l’andamento degli scambi tra quest’area e il Partito Democratico, in entrata e in uscita oltre al determinare quali altre forze politiche hanno potuto e possono essere considerate “a sinistra del PD”.

Andando per ordine e cercando di intenderci: nelle elezioni europee del 2014 erano presenti la Lista Tsipras (che comprendeva Sinistra Italiana, il PRC, I Comunisti Italiani e altri gruppi) oltre ai Verdi e l’IDV che potevamo considerare in allora parte della stessa area politica, essendo stati presenti nella lista dell’Arcobaleno, il cui esito disastroso alle elezioni del 2008 sicuramente si colloca all’origine del tracollo di cui stiamo scrivendo (naturalmente le ragioni sono diverse e molto più lontane nel tempo, ma in questa sede si sviluppa semplicemente un’analisi elettorale).

Nell’occasione delle elezioni politiche 2018 il quadro a sinistra del PD cambia: non ci sono più Verdi e IDV e sostanzialmente sono presenti 4 liste: Liberi e Uguali (con Articolo 1 composto da dirigenti di grande prestigio appena usciti dal PD e capeggiati dal presidente uscente del Senato con Sinistra Italiana) Potere al Popolo (in quel momento una coalizione formata dal PRC, sindacalisti di base o usciti dalla FIOM , dai Comunisti Italiani ,e da alcuni centri sociali fra i più importanti d’Italia fra i quali il napoletano ex-OPG che aveva svolto una funzione promotrice della lista), il Partito Comunista con segretario Marco Rizzo che cerca di ricostruire le liturgie dell’antico modello terzinternazionalista addirittura pre -svolta kruscioviana e la lista “Per una sinistra rivoluzionaria” che ricompattava in pratica la vecchia corrente di “Progetto Comunista” che aveva operato ,all’interno del PRC, un tentativo di ricomposizione trotzkista.

Alle elezioni europee 2019 si ripresentano i Verdi (richiamando anche nel simbolo proprio la dimensione europea), si forma la lista “La Sinistra” composta da Sinistra Italiana e PRC oltre ad altri gruppi con l’estraneità degli altri soggetti che avevano composto Potere al Popolo nel frattempo organizzatosi come movimento autonomamente organizzato. Inoltre si è verificata nuovamente la presenza della lista Comunista.

Per una valutazione seria dell’andamento elettorale di questo periodo naturalmente è necessario considerare anche il trend del “non voto”.

Come al solito nei nostri dati sono considerati i voti riferiti al territorio nazionale e nel “non voto”, esprimendo i numeri dei voti validi risulta sommata la non presenza alle urne, il voto nullo e quello bianco.

Nell’occasione delle elezioni europee del 2014 risultavano iscritti nelle liste 50.662.460 elettrici ed elettori.

I voti validi sono stati 27.448.906, quindi il “non voto” è assommato a 23.213.554 unità.

Teniamo allora conto del voto del PD per cercare di verificarne in seguito gli scostamenti nei riguardi delle liste alla sua sinistra. Alle Europee 2014 il PD ha ottenuto 11.203.231 voti.

La Lista Tsipras ne aveva conseguiti 1.108.457.I Verdi 250.102. L’IDV 181.373.

Forzando l’analisi per ragioni di migliore comprensibilità si può affermare che l’area a sinistra del PD già facente parte della lista Arcobaleno del 2008 aveva assommato alle elezioni europee 2014 un totale di: 1.539.932 voti.

L’esito delle elezioni politiche 2018 hanno fatto registrare queste variazioni.

Su di un totale di iscritte/i nelle liste sul territorio nazionale di 46.505.350 (la differenza con le Europee deriva dalle diverse modalità di voto all’estero) si sono avuti 32.841.705 voti validi con un incremento tra il 2014 e il 2018 di 5.392.799 unità.

Il PD, in questa occasione, ha avuto 6.161.896 voti, con una flessione di ben 5.041.339 voti.

I voti in uscita dal PD, come è stato del resto dimostrato da molte analisi successive, si sono rivolti per la gran parte al M5S (M5S del quale non abbiamo analizzato i dati in questa sede considerata la sua natura “antipolitica” e assolutamente svincolata dagli schemi “destra/sinistra”).

A sinistra, infatti, come abbiamo già avuto modo di segnalare erano presenti due liste: LEU, riformista e incline a considerare la possibilità di ricostruire il centrosinistra (non abbiamo usato il trattino) che ha ottenuto 1.114.799 (risultato giudicato in realtà molto deludente) e Potere al Popolo , di identità da sinistra radicale movimentista, che ha avuto 372.179 voti (risultato questo giudicato dai dirigenti del movimento come incoraggiante per una prospettiva futura). Il Partito Comunista aveva avuto 106.816 voti, quella “Per una sinistra rivoluzionaria” 29.364 peraltro in forte contrazione rispetto alle precedenti partecipazioni elettorali del Partito Comunista dei Lavoratori.

La somma di queste liste (a questo punto si sviluppa un’altra forzatura analitica ma necessaria ai fini della completezza del discorso) arriva a 1.623.158 voti distribuiti però ben diversamente da quelli conseguiti attraverso la somma di Lista Tsipras, Verdi e IDV alle europee del 2014.

In questa occasione delle elezioni 2018 si era potuto però constatare la difficoltà di un passaggio di voti tra il PD e le forze alla sua sinistra (ancorché il LEU fossero presenti personalità istituzionali e politiche provenienti direttamente dal PD e/o dalla sua area di riferimento) e l’assoluta assenza di una capacità a sinistra di intercettare quello che nell’occasione era avvenuto sul piano dell’evidente recupero dell’astensionismo.

Elezioni 2019: iscritte/i nelle liste 49.192.602 unità, voti validi 26.662.968, “non voto” 22.466.634 (45,72% massimo storico in un’elezione di dimensione nazionale).

Il PD scende ancora a 6.050.351 voti perdendone ulteriormente 111.545 voti rispetto al 2018.

A Sinistra succede questo: la lista della Sinistra si ferma a 465.092 voti, i Verdi risalgono a 609.678 voti, il Partito comunista aumenta fino a 234.232 voti.

Impossibili raffronti tra il 2018 e il 2019 tra LEU (articolo 1 presenta suoi candidati nelle liste del PD e il PRC non era presente in LEU) e la Sinistra, sono da segnalare gli incrementi fatti registrare (tra il 2014 e il 2019) dai Verdi (più 359.576 voti: effetto Greta?) del Partito Comunista (tra il 2018 e il 2019) con un più 127.416, un dato quest’ultimo da guardare con attenzione sotto il duplice aspetto dell’utilizzo del simbolo della falce e martello e del fascino che sui giovani può esercitare la partecipazione a determinati rituali collettivi.

In ogni caso sono proprio Verdi e Lista Comunista che realizzano un incremento mentre la caduta della Sinistra e la contemporanea perdita di voti del PD segnalano un’assoluta inconsistenza di un meccanismo di ritorno di elettrici ed elettori già usciti dal’area di consenso al Partito Democratico (con buona pace delle argomentazioni di Piero Fassino sul colpevole non riconoscimento del “buon governo”).

Sul risultato della Sinistra avrà sicuramente influito il disimpegno di Potere al Popolo ma in ogni caso un giudizio di massima che può essere speso a questo punto (considerata anche la fortemente diminuita attrattività del M5S il quale a sua volta ha sicuramente ceduto voti alla Lega nell’ambito del complessivo spostamento a destra) riguarda il rifugio nel “non voto” da parte di quote rilevanti di elettrici ed elettori che avevano abbandonato il PD e non vi sono ritornate/i.

Un’idea migliore della situazione elettorale a sinistra può venire da questi dati: complessivamente le tre liste (La Sinistra, Verdi e Partito Comunista ) hanno ottenuto 1.309.002 voti con la redistribuzione interna che vede i Verdi valere il 46,57% di quest’area, la Sinistra il 35,53%, il Partito Comunista il 17,89%.

Ci troviamo quindi, all’interno di quest’area a un fenomeno di frazionamento dovuto anche alla diversità di impostazione organizzativa e politica, quindi con le sue ragioni di fondo da valutare con attenzione.

Ai dirigenti di Sinistra Italiana e del PRC, i due soggetti maggiormente colpiti da questo vistoso arretramento, non saranno sfuggiti i termini della caduta di presenza elettorale (che significa anche beninteso di caduta nella presenza sociale: non s’illudano su questo punto i movimentisti) e della necessità non tanto e non solo di vaghi richiami all’unità della sinistra ma di vera e propria ricostruzione di un’area politica al riguardo della quale nessuno può vantare lasciti di supremazia o di peso per richiamati quarti di nobiltà.

FRANCO ASTENGO

1° giugno 2019

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