Il terrore imprevedibile

Sta toccando tutte le città più importanti della Francia: Tolosa, Parigi, ora Nizza. Un terrore che non è quello ispirato dai sani princìpi di libertà, eguaglianza e fraternità di...

Sta toccando tutte le città più importanti della Francia: Tolosa, Parigi, ora Nizza. Un terrore che non è quello ispirato dai sani princìpi di libertà, eguaglianza e fraternità di quella Rivoluzione che proprio ieri si festeggiava sulla Passeggiata degli Inglesi nella città natale di Giuseppe Garibaldi.
Questo terrore è fatto di stati islamici, di cellule organizzate, di singoli che vi si affiliano senza magari essere neppure in contatto con il califfato nero di Al Baghdadi.
Sposano una causa, si auto organizzano: prendono un semplice camion frigorifero, reperiscono un po’ di armi e poi si lanciano all’impazzata, alle 22.30 di sera, sulla promenade più famosa della Costa Azzurra agli 80 chilometri all’ora e travolgono sul colpo 84 persone, tra cui alcuni bambini. Una piccola resta lì, immobile, con ancora stretta tra le mani la sua bambola.
I telegiornali della notte sono pietosi e impietosi allo stesso tempo: rendono omaggio a quella piccolina facendo vedere lo strazio che ne ha fatto il criminale terrorista e, al contempo, indugiano troppo e iniziano a cibarsi di quel cannibalismo televisivo che è voglia di trattenere lo spettatore più possibile sulla rete, lasciandolo lentamente commuovere e impietosire.
Lo Stato islamico festeggia per la riuscita di questo attentato e, a maggior ragione dal punto di vista “politico”, la sua festa è doppia se quell’attentato non l’ha ordinato ma se è nato spontaneamente da una affiliazione volontaria, senza bisogno di troppi convincimenti.
Basta la propaganda del Daesh, l’incitamento alla distruzione delle infedeltà sul piano religioso e alla costituzione del grande califfato islamico e teocratico. Una grande pantomima dietro a cui stanno poteri e interessi internazionali. Le vittime di “Charlie Hebdo”, del Bataclan, di Bruxelles e ora di Nizza sono veramente tutte vittime sacrificali, innocentissime, scelte come i nazisti sceglievano le loro per il gusto di riempire quel vuoto male che volevano creare con un sadismo che ha lasciato il suo posto nella storia del Novecento.
Daesh è, su questo piano, del tutto simile, metodologicamente parlando, alle SS, ne imita la gratuitissima crudeltà in nome di una superiorità etica, religiosa, filosofica e politica che non può che essere totalizzante perché proclama: “O noi o voi”.
Per cui se prevalgono le atrocità del Daesh è logico presupporre che non ci saremmo più noi. Chi vive e chi muore, chi ha diritto di vita e chi ha la pena della morte.
Nizza, dunque. Un obiettivo che non era immaginabile, così come era poco immaginabile anche la strage di pochi mesi fa operata in Turchia. Ma di quella s’è parlato poco: è lontana da noi, non colpisce il “cuore” del tanto celebrato “Occidente” e quindi è una strage di serie B e se ne fa solo breve cronaca.
L’imprevedibilità sembra, dunque, la strategia che i terroristi adottano: colpire laddove meno ce lo si aspetta e in momenti simbolicamente forti. Il 14 luglio è il nostro 25 aprile, il nostro 2 giugno. C’è vento a Nizza e quindi i fuochi di artificio rischiano di terminare prima: il camion dunque alle dieci e mezza zigzagga tra la folla che è proprio stipata sulla passeggiata. Lo stupore iniziale consente al criminale al volante di fare già un notevole numero di morti: continua per due chilometri, indisturbato. Poi la polizia si rende conto di quello che accade e lo crivella di colpi.
Il bilancio è una strage che non c’è mai stata nel sud della Francia. A due passi dalla nostra Italia.
Una città grande, importante, governata dai fascisti del Front National di Marine Le Pen che ora, possiamo starne certi, chiederanno leggi speciali, eccezionali e misure restrittive per le comunità islamiche e per quanti sono vicini culturalmente all’attentatore franco-tunisino che era alla guida del veicolo ormai battezzato “della morte”.
Questo è altro terrore che si aggiunge al terrorismo.
Per capire quanto poco c’entrino con il Daesh la libertà che promette ai musulmani, l’uguglianze che vuole creare e la fratellanza che vuole instaurare, basta mettere accanto, in uno stridentissimo confronto, i valori del trittico rivoluzionario (spesso traditi dalle istituzioni della Repubblique) che, come la nostra Costituzione, pur nell’imperfezione dell’applicazione, hanno comunque aperto all’Europa e al mondo un’era in cui si è usciti dal Medioevo e si è entrati nella contemporaneità moderna, con l’obiettivo di Daesh: uccidere senza discrimine alcuno per far prevalere una idea di Stato e di società fondati sulla repressione delle più elementari libertà umane.
Lo sconvolgimento che tutto questo provoca non fa che aumentare la voglia di repressione da parte di settori di popolazione che magari un tempo sarebbero stati aperti al dialogo e all’integrazione sociale in un grande paese come la Francia che conosce il multiculturalismo più di altre nazioni, più della stessa Italia.
Ma la risposta non è questa. La risposta al terrorismo di Daesh non è la diminuzione degli spazi di libertà singoli e collettivi.
Accettare una politica di leggi speciali, di muscolarità poliziesca mortifica proprio quei princìpi rivoluzionari di oltre duecento anni fa che devono invece terrorizzare Daesh: libertà, uguaglianza e fraternità. Peccato che sia per primo il governo francese a non tenerne conto e ad alimentare la spirale di odio e terrorismo che da anni ormai insanguina le strade delle città e che, a detta anche dei servizi segreti di Parigi, non ha conosciuto, nemmeno con l’attentato di Nizza, la parola “fine”.

MARCO SFERINI

15 luglio 2016

foto tratta da Pixabay

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